mercoledì 13 maggio 2009

Riace: il paese dove l'integrazione é possibile e dà fastidio alla mafia

Dopo il testo di Saviano, da Peace Reporter una storia che dimostra come l'integrazione sia possibile ed utile: tanto da dar fastidio anche alle mafie, che difatti tentano di tutto per impedirla...

IMMIGRAZIONE, ACCOGLIENZA E RIFUGIATI: IL CASO DI RIACE

Proiettili sui portoni dei bar. Proiettili contro i circoli giovanili; infine, l'avvelenamento dei tre cani del sindaco, gli amici più fedeli. Così si fa politica in Calabria. Nella Locride, provincia di Reggio, territorio di faide tra clan Strangio, Pelle e Vottari.

Un altro mondo possibile.

Che dà fastidio. Così si vuole eliminare un personaggio scomodo, che in una terra di profitti astronomici per l'economia illegale, (34 miliardi di euro il giro d'affari annuo delle ‘ndrine dice il procuratore antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone) cerca di risollevare un paesino di 1.700 anime facendo fruttare la presenza di rifugiati e immigrati curdi. Il sindaco è Domenico Lucano, Mimmo per tutti, fin dai tempi in cui si dannava per trovare tetto e lavoro alle decine di curdi arrivati sulle coste joniche negli anni '90; ‘Mimmo dei Curdi' prima ancora di vincere le elezioni con una lista civica ("di sinistra, semplicemente" precisa lui) "Un'altra Riace è possibile". Prima di Mimmo Lucano il paesino jonico era conosciuto solo per il ritrovamento dei Bronzi nel 1982.
Adesso le elezioni si avvicinano: in vista del 7 giugno si intensificano le intimidazioni; una settimana fa polpette avvelenate uccidono due dei tre trovatelli di Mimmo; quella prima ancora i banditi indirizzano i proiettili calibro 6,5 contro la porta della trattoria ‘Donna Rosa' dove si riuniscono gli amici della lista civica, pochi giorni dopo aver sparato nella notte contro il portone del circolo ‘Città Futura'. Un gruppo di amici che deve dare molto fastidio a certi riacesi.
Come danno fastidio i progetti di Mimmo, che danno lavoro come istruttori a oltre 30 ragazzi del posto e una speranza a un numero variabile tra 50 e 100 migranti extracomunitari, "creando un circolo economico virtuoso che ha portato a Riace anche parecchi turisti nordeuropei e ha permesso a bar e ristoranti di assumere altri giovani - sintetizza il sindaco - La nostra scelta di accogliere e integrare i migranti non dà solo lavoro ai nostri calabresi che si sono riadattati come docenti ai corsi d'inserimento professionale (dalla vetreria ai corsi di ricamo e cucito per le ragazze somale) ma attira anche un indotto che ha fatto rinascere un borgo che a inizio anni'70 contava il doppio di abitanti e che si era svuotato nel corso dell'ultima grande migrazione verso Genova Milano Torino".

Se l'integrazione costa meno dei CPT

Riace"Grazie ai migranti Riace è passata dalla rassegnazione per una morte civile, al riscatto economico", secondo Lucano.
Forse un caso simbolo come quello delle 1700 anime di Riace che accolgono un centinaio di profughi etiopi somali, curdi afgani e iracheni può dar molto fastidio a chi persegue il modello dei Centri di identificazione, un tempo Cpt. "Dal secondo governo Berlusconi abbiamo aderito al bando del ministero dell'Interno per la presa in carico dei migranti in attesa dello status di rifugiato e per i migranti in via di identificazione, che a noi costano 20 euro al giorno a testa." Il costo per migrante in un centro d'identificazione come Lampedusa? "In media vanno dai 60 ai 70 euro a testa giornalieri, credo che Lampedusa sia intorno ai 66 euro". Un bel risparmio, non c'è che dire. E in giro per Riace non vedrete un poliziotto. "Mi stupisco delle reazioni di certi sindaci che vedono la presenza di migranti come un problema di ordine pubblico - chiude Lucano - dopo l'emergenza dei mesi passati, quando a Lampedusa continuavano a sbarcare ragazze e ragazzi giovani ma anche molti cadaveri, sono rimasto colpito negativamente dalla risposta della signora Letizia Moratti, che ha offerto da Milano ospitalità per 20 migranti. Forse anche in risposta a questo atteggiamento il consiglio comunale ha deciso di offrire ospitalità per duecento di loro". L'esempio di Lucano è contagioso: dopo Riace negli ultimi anni anche i comuni limitrofi di Stigliano e Caulonia si sono inseriti nella rete dei corsi di riqualificazione professionale e integrazione per migranti. Delle mosche bianche nel territorio della Locride; o anche se volete, una evoluzione del Dna di una cittadina da sempre differente rispetto a una regione storicamente in mano alla Dc; pochi chilometri più in giù sulla costa Jonica si trova Caulonia, che era stata per meno di una settimana dichiarata ‘Repubblica indipendente comunista' dai suoi braccianti nel 1945.

Felicemente figli di migranti

"Il caso di Riace e di Mimmo Lucano è una di quelle rare occasioni in cui mi sento, non dico orgoglioso, ma direi felice, di essere calabrese", dice Giuseppe Pugliese. Questo ragazzo di Rosarno dal 2002 cerca di dare assistenza agli oltre 1000 migranti che ogni inverno si riversano nella Piana di Gioja Tauro a lavorare nei campi, fino a fondare l'Osservatorio Migranti' della Piana. "Non sono spesso felice di essere calabrese, ma nemmeno italiano, se penso che 38 milioni di noi sono andati a cercare fortuna in altri continenti dal 1860, mentre noi non siamo in grado di dare accoglienza decente a 4 milioni di migranti in Italia. Nella Piana di Gioia, a Rosarno, in inverno sono anche in 1200 stipati in due vecchie fabbriche dismesse, senza riscaldamento o docce". Dopo anni di lavoro dell'Osservatorio Migranti e del ‘Collettivo Onda Rossa' di Cinquefrondi nelle fabbriche dimesse, i comuni si sono dati una mossa, spendendo i 50mila euro di un fondo regionale da tempo attivato, in bagni e servizi igienici; "adesso garantiremo anche dei piccoli container - aggiunge Pugliese - non per tutti perché si spostano per la stagione dei pomodori in Puglia, ma se venite a vedere in che condizioni vivono questi lavoratori, non sembra di stare nella ricca e opulenta Italia".
"All'inizio c'era un po' di diffidenza per la prima ondata di migranti che aiutammo: erano un centinaio di curdi turchi sfuggiti all'esercito di Ankara o iracheni scappati dai gas di Saddam. In pochi mesi trovai loro un rifugio. L'idea non è originale: in centro c'erano decine di case abbandonate, lasciate da chi era emigrato non "in AltItalia'', ma in un altro continente. Mi attaccai al telefono e i nostri concittadini emigrati in Venezuela, Argentina, Canada, Australia, non se la sentirono di negare un tetto a chi cercava la fortuna altrove, come avevano fatto loro decenni prima. Così è cominciato tutto.".

Gianluca Ursini

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