mercoledì 30 settembre 2009

"Se vuole che la aiuti voti Berlusconi": la politica del consigliere Patrizio Bianconi.

Sconvolgente. Eppure così banale da lasciare attoniti. Perchè in fondo l'abbiamo detto tutti che in politica le cose funzionano così. Sperando però, in cuor nostro, che ciò non fosse vero.

Oggi però sulle pagine di Repubblica.it è comparsa questa lettera, la risposta di un consigliere del comune di Roma ad un cittadino che richiedeva i suoi servizi per una questione di pubblica utilità. Leggetevi la lettera, e la relativa risposta. I commenti li lascio a voi.

Ecco, di seguito la mail inviata da Marcello Mancini e la risposta del consigliere Patrizio Bianconi.

«Caro Patrizio, scusa se ti disturbo, ma in via Tacito l´Ama ha piazzato dei cassonetti in modo assolutamente sconcio, senza nessuna logica, seguendo probabilmente delle pressioni di qualche raccomandato. Mi fai sapere se esiste una normativa comunale in merito ed eventualmente come agire per far ripristinare un regolare ordine?».

Marcello Mancini

«Egr. Dott. Mancini, nella sua e-mail Lei mi segnala una problematica personale che esula dalle mie competenze. Sarebbe svilente se un On. si dovesse occupare di cassonetti - o monnezza, come dicono a Roma - tanto più se gli stessi si trovano dinanzi ad un´attività imprenditoriale di un privato. Con profondo rammarico noto (...) che lei non comprende il senso, né la ratio della Mia attività politica! Cercherò di essere chiaro. Lei, alle elezioni che mi hanno visto trionfatore non mi ha votato - anzi più volte nel corso degli anni ha manifestato antipatia nei confronti di Berlusconi (...)

E allora nasce spontanea una domanda: perché si rivolge alla mia persona? Io per quale motivo dovrei adoperarmi per lei? Forse mi reputa un idiota che si fa sfruttare da chiunque? Oppure, cosa ancora più offensiva, il suo servetto? Io lavoro solamente per chi mi vota in quanto faccio politica, non il missionario (...)

Sarebbe svilente e umiliante per la mia persona, la mia competenza e la mia professionalità consentire a chiunque di chiedermi favori che, come nel caso di specie, esulano dalle mie competenze. Pertanto: 1) O si impegna formalmente - stipulando un patto di sangue con il sottoscritto - a votare nel 2013 il sottoscritto on. Patrizio Bianconi al Comune di Roma ed il dir. Andrea Zaerisi al municipio XIX; 2) O, se lei non è intenzionato, non si rivolga alla mia persona.

Desidero infine segnalarle che per avvalersi della mia professionalità deve preventivamente fornirmi: nome, cognome, indirizzo di residenza affinché io possa schedarla nella mia rubrica individuando la sezione elettorale dove lei vota al fine di controllare se esprimerà o meno la preferenza nei miei riguardi. E poi: il suo telefono di casa, il cellulare e l´e-mail al fine di poterla rintracciare quando ci servirà il voto suo e della sua famiglia. Se non se la sente di instaurare con il sottoscritto tale tipologia di patto la invito a rivolgersi alle persone che lei vota (...) Io non mi faccio prendere per il culo da nessuno!».

On. Patrizio Bianconi.

martedì 29 settembre 2009

"La caduta" di Berlusconi: un ridoppiaggio tutto da ridere!

Che si sia di destra o di sinistra, fa comunque morire dal ridere... Dal blog di Bucknasty, "La fine di Berlusconi": un fantastico ridoppiaggio dal film "La caduta" che vale la pena godersi! Guardatelo, perchè è veramente carino... :)

La parte su Feltri poi è geniale...



I commenti li lascio a voi... :)

Ingrassa 13 chili in 2 ore: l'incredibile record dell' "autobotte" umana.

Dal blog "Dissapore", l'incredibile storia di questa autobotte umana che è riuscita ad ingrassare 13 chili in due ore nette. Due ore. Tredici chili. Non so dire se la notizia siano i 13 chili in sè, o il fatto che comunque non sia morto dopo questa abbuffata pantagruelica. Di sicuro non vorrei essere nei panni del suo bagno dopo questa avventura! Comunque, tant'è! Leggetevi la storia... :)

Guardate bene quest’uomo e cercate di fissarne il volto nella memoria. Si chiama Glauco Natali, è detto “Il Duca”. Schedato? Bene. Dovete sapere che il vincitore della undicesima edizione di Mangiathlon, la gara di Rimini che premia chi ingrassa di più dopo una sbafata terrorizzante, rappresenta una grave minaccia per noi gastrofanatici. Adesso vi dico il motivo. Il Duca, una montagna di ciccia pesante 211 chili, ha sconfitto tutti strafogandosi 13 chili tra tagliatelle alla romagnola, salsicce alla brace, uova sode e ciambelle dolci ingurgitate aiutandosi con acqua e vino (una cascata, praticamente).

E’ ingrassato 13 chili in due ore, 13 chili, capite? Da 211 a 224.

Ora, ditemi voi uno così cosa se ne fa dello scampo zen di Mauro Uliassi o della passatina di Fulvio Pierangelini. Per lui, che il palloncino messo nello stomaco di Edoardo Raspelli nemmeno dipinto, il raviolo aperto (uno!?) di Gualtiero Marchesi o il croccante di Bottura non sono finezze da gourmet ma briciole da scacciare dal tavolo.

Vogliamo parlare dell’inquinamento provocato dal suo tubo digerente senza vergogna? Meglio di no, ma la minaccia è reale. Seriamente, qui ci tocca ridiscutere il concetto di gastrofanatismo nel pensiero occidentale.

E se nessuno disinnesca la mina vagante Glauco Natali da Cesena giuro che lo faccio io. Così gli chiedo se al prossimo Mangiathlon mi porta con lui.

ps: guardate la seconda foto, ed il concorrente di fianco a Natali con la maglietta rossa.: è un miracolo che Natali non si sia mangiato anche lui! Come pensava questo pover'uomo di avere delle chance di vittoria, lo sa solo lui!

Se anche la Gabanelli ha problemi con l'assicurazione...

Se anche una colonna del giornalismo d'inchiesta italiano come Milena Gabanelli scrive così dalle pagine del Corriere, vuol dire che siamo proprio messi male... Ma male tanto...

Luigi Ferrarella, sulle pagine di questo giornale, ha sollevato un problema che condivido e mi tocca da vicino: la pressione politica (che in Italia è particolarmente anomala) sul condizionamento della libertà d’informazione forse non è l’aspetto più importante, anche se ciclicamente emerge quando coinvolge personaggi noti. Per questo facciamo grandi battaglie di principio e ignoriamo gli aspetti «pratici». Premesso che chiunque si senta diffamato ha il diritto di querelare, che chi non fa bene il proprio mestiere deve pagare, parliamo ora di chi lavora con coscienza. Alla sottoscritta era stata manifestata l'intenzione di togliere la tutela legale.

La direzione della terza rete ha fatto una battaglia affinché questa intenzione rientrasse, motivata dal dovere del servizio pubblico di esercitare il giornalismo d’inchiesta assumendosene rischi e responsabilità. Nell’incertezza sul come sarebbe andata a finire ho cercato un’assicurazione che coprisse le spese legali e l’eventuale danno in caso di soccombenza dovuta a fatti non dolosi. Intanto sul mercato italiano, di fatto, nessun operatore stipula polizze del genere, mentre su quello internazionale questa prassi è più diffusa. Bene, dopo aver compilato un questionario con l’elenco del numero di cause, l’ammontare dei danni richiesti e l’esito delle sentenze, una compagnia americana e una inglese, tenendo conto del comportamento giudicato fino a questo momento virtuoso, si sono dichiarate disponibili ad assicurare l’eventuale danno, ma non le spese legali. Sembra assurdo, ma il danno è un rischio che si può correre, mentre le spese legali in Italia sono una certezza: le cause possono durare fino a 10 anni e chiunque, impunemente, ti può trascinare in tribunale a prescindere dalla reale esistenza del fatto diffamatorio.

A chi ha il portafogli gonfio conviene chiedere risarcimenti miliardari in sede civile, perché tutto quello che rischia è il pagamento delle spese dell’avvocato. L’editore invece deve accantonare nel fondo rischi una percentuale dei danni richiesti per tutta la durata del procedimento e anticipare le spese ad una montagna di avvocati. Solo un editore molto solido può permettersi di resistere. Quattro anni fa mi sono stati chiesti 130 milioni di euro di risarcimento per un fatto inesistente, e la sentenza è ancora di là da venire. Se alle mie spalle invece della Rai ci fosse stata un’emittente più piccola avrebbe dovuto dichiarare lo stato di crisi. Visto che ad oggi le cause pendenti sulla mia testa sono una trentina, è facile capire che alla fine una pressione del genere può essere ben più potente di quella dei politici, e diventare fisicamente insostenibile.

Questo avviene perché non esiste uno strumento di tutela. L’art. 96 del codice di procedura civile punisce l’autore delle lite temeraria, ma in che modo? Con una sanzione blanda, quasi mai applicata, che si fonda su una valutazione tecnica «paghi questa multa perché hai disturbato il giudice per un fatto inesistente». Nel diritto anglosassone invece la valutazione è «sociale», e il giudice ha il potere di condannare al pagamento di danni puntivi «chiedi 10 milioni di risarcimento per niente? Rischi di doverne pagare 20». La sanzione è parametrata sul valore della libertà di stampa, che viene limitata da un comportamento intimidatorio. La condanna pertanto deve essere esemplare. Ecco, copiamo tante cose dall’America, potremmo importare questa norma. Sarebbe il primo passo verso una libertà tutelata prima di tutto dal diritto. Al tiranno di turno puoi rispondere con uno strumento politico, quale la protesta, la manifestazione, ma se sei seppellito dalle cause, anche se infondate, alla fine soccombi.

lunedì 28 settembre 2009

...e da oggi, anche telecronista sportivo! Pavia Sanbonifacese 1:0

Per chi voleva sapere di cosa mi occupo a TelePaviaweb, ecco una risposta...tra le altre cose, cronista SPORTIVO!!!! Ecco la cronaca della partita di ieri tra Pavia e San Bonifacese, tenutasi ieri pomeriggio allo stadio Fortunati di Pavia e finita 1-0 per i padroni di casa lombardi.



Che ve ne pare? Ridete pure...

PS: sì, ero io quello che diceva che piuttosto che occuparsi di calcio avrebbe fatto qualunque altra cosa...ma che volete...c'è crisi... :)

sabato 26 settembre 2009

Storia di Luciano, che vive sotto un ponte

Questo articolo l'avevo scritto per la Provincia Pavese nei dintorni di Ferragosto, ma tuttora non sono in grado di dire se sia stato mai pubblicato o mano. E'ra comunque la ragione per cui avevo scelto di lavorare per loro, appena stabilitomi stabilmente a Pavia.

Avevo scelto di lavorare per la Provincia per poter avere uno spazio dove raccontare queste storie che non fosse solo questo blog, per poterle fare conoscere a più gente possibile. Perchè mi faceva raccapricciare il fatto che un clochard come Luciano, di cui tutti ignoravano l'esistenza, potesse davvero un giorno morire bruciato in una città civile senza che nessuno se ne accorgesse. Senza che nessuno sapesse la sua storia, e sapesse come era arrivato lì. Per fare in modo che nessuno potesse etichettarlo come "un altro miserabile barbone senza nome, che se è sparito è meglio perchè sporcava e basta". Per ridargli il nome a cui aveva diritto

Mi è piaciuto scrivere questa storia anche per far capire alla gente cosa ci sia davvero dietro a queste persone, ed aiutarle nel mio piccolo a non cadere nella solita retorica che oggi va tanto di modo dell'extracomunitario "ladro e problematico", che tanto viene agitata come bandiera da molte formazioni politiche.

Luciano l'ho incontrato per caso mentre cercavo di non farmi vedere dalla polizia dopo un servizio che avevo fatto (ma questa è un'altra storia), ed ha accettato di raccontarmi la sua storia davanti ad un caffè. L'unica cosa che non ha voluto è stata farsi fotografare: aveva paura che chi aveva tentato di dargli fuoco tornasse di nuovo.

Ora sa che non è più solo, perchè sa che se succedesse qualcosa la gente saprebbe perchè. E' una delle cose che mi ha spinto ad abbracciare questo mestiere a volte infame che è quello del giornalista, e che mi spinge nonostante tutto a non mollarlo mai, per quanto difficile possa essere raccogliere e raccontare queste storie.

Ora lo conoscerete anche voi. Perchè uno come Luciano, da qualche parte, una volta nella vita, l'abbiamo visto tutti. Ed ignorato in troppi.

STORIA DI LUCIANO, CHE VIVE SOTTO UN PONTE

Luciano ha rischiato di morire orribilmente bruciato una settimana fa, quando qualcuno ha fatto colare del liquido infiammabile sotto il bordo del cavalcavia della rotonda dei Longobardi da dove vive da tre anni come senzatetto e senza pensarci un attimo gli ha dato fuoco. Se l’è cavata perché a quell’ora era ancora in giro con altri clochard, ma ha visto bruciare le proprie cose senza poter fare niente. Nessuno l’aveva mai notato prima, e nessuno l’ha notato nemmeno dopo quando spente le fiamme si è avvicinato, ha rimesso tutto a posto ed è tornato lì. Invisibile come prima, ma con un po’ più di paura.

Quella di Luciano - all’anagrafe Lucien G., senzatetto rumeno di 41 anni - che ora vive in uno spazio largo un metro dove non c’è copertura da vento e pioggia salvo un misero angolo di cemento bianco è una vita avventurosa che comincia nel 1968 a Sibiu, nella Romania del regime di Ceausescu. Rimane sotto la dittatura fino al 1986, quando a 28 anni scappa in Grecia per tentare fortuna come muratore e dopo un anno giunge in Italia. “Arrivai da clandestino al porto di Ancona con una motonave, viaggiando aggrappato sotto il rimorchio di un tir. Fu durissimo”. Da lì solo lavori saltuari, come muratore o altro, spostandosi sempre più al nord. Rapallo, Genova, Sesto San Giovanni, un mattone dopo l’altro tra sfruttamento e caporalato, in cui per anni guadagna si e no l’equivalente di 20 euro alla settimana. “Spesso – racconta – nemmeno me li davano. Arrivava da mangiare, e mi dicevano di accontentarmi. Promettevano documenti e regolarizzazione, e io gli credevo e speravo”.

E’ così fino al 2000, quando lavorando in un cantiere a Sesto Marelli ha un incidente alla mano che gli cambia la vita. Luciano si taglia una mano con il vetro di una finestra. E’ un taglio profondo, ma essendo clandestino non si fida ad andare in ospedale e lo lascia guarire da sé. La mano però non torna come prima, e per lui anche la vita da muratore si chiude. “Allora - racconta - ho vissuto di quel che trovavo: raccattavo vecchi mobili per 5 euro al giorno, e recuperavo ferro e legno per pochi soldi”. Dorme dove capita, anche nei campi rom milanesi che vanno a fuoco nei tristemente famosi pogrom anti rom. Nell’incendio di un campo perde anche i documenti, che diventano cenere come la baracca in cui viveva. E da lì ancora clandestinità, sempre peggio, sempre più sfruttato da gente che non lo paga più nemmeno in soldi ma soltanto in cibo.

Un pomeriggio di luglio del 2006 prende la bici e scappa da Milano, e pedalando arriva fino a Pavia, e al cavalcavia dove vive ora. “Un paradiso: qui nessuno mi conosceva, e potevo stare in pace”. Per sopravvivere lo aiuta la Caritas, e qualche sacerdote che gli allunga qualche soldo per le piccole croci di legno che gli piace incidere durante il giorno. “Per lavarmi o vado al fiume o alla casa del giovane, dove mi danno anche vestiti e un rasoio per farmi la barba. Ma qualcosa da mangiare me lo offrono sempre anche i ragazzi dell’università, quando passo di lì. A dormire vado nel mio piccolo angolo sotto la strada, dove ho costruito un piccola tenda con le mie cose, e dove nessuno mi disturba”.

Fino alla settimana scorsa, e al fuoco che per poco non lo portava via con sè. Luciano, 41 anni, occhi castani sorridenti e qualche capello bianco, però è felice di quello che ha. Vorrebbe solo un lavoro per poter mandare a casa qualche soldi al padre e ai fratelli che non vede da quando è partito tanti anni fa. Non ha paura che chi ha tentato di dargli fuoco torni di nuovo. “Me la sono cavata – dice - era destino. Spero che nel mio destino ci siano tante altre cose belle, ma intanto credo in quel poco che ho”. Come l’angolo bianco del cavalcavia.

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PS: Luciano oggi cerca lavoro. Ha fatto il muratore, il manovale e tante altre cose. Se qualcuno a Pavia o dintorni è in grado di aiutarlo, mi mandi una mail all'indirizzo che trovate nel profilo di questo blog. E' una brava persona, e credo se lo meriti.

Calle del Vento, si riparte da Pavia!

Dopo tre mesi di stop, finalmente si rientra.

Un breve post per annunciarvi che il sito ricomincerà ad essere aggiornato, anche se credo non così spesso come vorrei a causa dell'incredibile mole di lavoro a cui il sottoscritto è sottoposto ogni giorno. Già, perchè nel frattempo dopo una breve collaborazione a Pavia con il quotidiano "La Provincia Pavese" sono entrato a pieno titolo nell'organico di TelePaviaweb, un piccolo esperimento di televisione via internet che trasmette sul web le notizie di Pavia e dintorni.

Se siete curiosi, potete dare un'occhiata al sito www.telepaviaweb.tv , e magari mandare un commento su cosa ve ne pare del sottoscritto, anche in veste di conduttore di telegiornale per la prima volta anche con cravatta al seguito!

Come l'altra volta dopo il lavoro al giorno il blog si era giocoforza un po' "milanesizzato", stavolta si "pavesizzerà" un po' di più, ma sempre rimanendo con lo stesso spirito.

Chiedo scusa a tutti per l'inconveniente del sito bloccato da Google per Dio sa quale motivo assurdo: se dovesse ricapitare mandatemi una mail, e vedrò di sbloccarlo subito stavolta!

Un saluto a tutti, e a presto!

Gig.