giovedì 30 aprile 2009

Chiedono permesso per i funerali delle vittime in Abruzzo: licenziati

Da una segnalazione di Pino Scaccia. Non credo servano commenti, se non uno: semplicemente ignobile!

CHIEDONO PERMESSO PER I FUNERALI: LICENZIATI

Hanno chiesto al datore di lavoro di fermare per un’ora la produzione in occasione dei funerali di Stato e del lutto nazionale per le vittime del terremoto in Abruzzo e per questo sono stati licenziati. È successo ai 120 lavoratori della Santa Croce di Canistro, azienda delle acque che ha sede a pochi chilometri di distanza dall’epicentro del terremoto che ha sconvolto l’Abruzzo lo scorso 6 aprile.

A darne notizia è la Flai Cgil: “La loro richiesta dettata dal buon senso e dalla volontà di aderire al lutto che li aveva coinvolti così da vicino – spiega la sigla di categoria – ha scatenato le ire del datore di lavoro, che non ha dato il suo permesso alla fermata delle produzioni. I lavoratori hanno deciso allora di abbandonare la fabbrica e di rendere ugualmente omaggio alle vittime del terremoto. A pochi giorni di distanza, però, il datore di lavoro ha fatto pervenire loro tramite un telegramma la notifica di licenziamento. Non pago ha poi sporto denuncia nei confronti del segretario generale della Flai Cgil dell’Aquila, Luigi Fiammata, con l’accusa di associazione a delinquere.

“Non vi è mai fine all’orrore – ha dichiarato il segretario generale della Flai Cgil Stefania Crogi -, è un fatto di tale gravità, purtroppo, si commenta da solo. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai lavoratori licenziati e a Luigi Fiammata, garantendo loro il sostegno legale necessario alla soluzione di questa triste vicenda. Invitiamo inoltre tutte le istituzioni nazionali e abruzzesi – ha concluso Crogi – ad adoperarsi contro un datore di lavoro che anziché puntare alla ricostruzione del tessuto sociale ed economico di un territorio messo così a dura prova dal terremoto ha pensato fosse lecito licenziare chi aveva semplicemente chiesto che fosse rispettato il lutto”.

da Marco Bazzoni, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

mercoledì 29 aprile 2009

C'era una volta il giornalismo (il vento "birichino" e le mutande in prima pagina)

C'era il giornalismo, una volta, e c'erano le notizie. Serie. Si diceva che i giornalisti si facessero "un culo cosi' " ogni giorno per portare delle notizie buone in redazione ed informare la gente.

Oggi purtroppo i giornalisti e le notizie serie non ci sono più. E' rimasto solo il "culo cosi' ".



Accade cosi' che in un'Italia che candida veline e principi ballerini alle elezioni, la notizia di un vento "birichino" che alza le gonne delle hostess ai campionati mondiali di tennis a Roma proprio non possa (e non debba) passare inosservata.

E accade cosi' che il Corriere della Sera la piazzi in prima pagina nel suo sito web giusto di fianco ai commenti di Massimo D'Alema sulle alleanze elettotrali con Antonio Di Pietro ed ad un'attentato kamikaze avvenuto stamani contro l'ex ministro della giustizia turco.


L'Italia- d'altra parte - doveva saperlo...




...se il vento tira forte, le gonne volano!

La popolazione é avvisata.... :)

La guerra ignorata sulle acque di Gaza: dove c'é un giacimento di gas che fa gola a molti...

Dal sito di PeaceReporter, un'altra storia che svela i retroscena delle guerre, combattute sempre di più per sete di denaro e fame di energia.

Tra chi ne fa le spese (i palestinesi), chi se ne arricchisce (Istraele), chi potrebbe fare qualcosa ma invece rovina tutto (il governo palestinese di Hamas) e chi - anche per colpa dei media - se ne infischia altamente: noi.


LA VITA DEI PESCATORI DI GAZA DOPO L'OFFENSIVA DI GENNAIO E' DIVENTATA IMPOSSIBILE. A CHI GIOVA L'ASSEDIO ISTRAELIANO SULLE ACQUE DELLA STRISCIA?

Dopo la fine dell'operazione Cast Lead contro la Striscia di Gaza, la vita già difficile dei pescatori palestinesi è diventata impossibile. Dallo scorso 18 gennaio gli attacchi israeliani contro le imbarcazioni civili palestinesi si sono ripetuti con cadenza quasi quotidiana, sempre all'interno delle acque territoriali della Striscia.

Gli accordi di Oslo riconoscono alla popolazione di Gaza il diritto a sfruttare le acque prospicienti la Striscia, per un'estensione di 20 miglia nautiche. Da quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, però, la marina israeliana ha ridotto tale limite a sei miglia e ha iniziato ad attaccare i pescherecci palestinesi che si avvicinavano a quella soglia. Dalla fine di gennaio 2009, inoltre, lo spazio per la pesca palestinese è stato ulteriormente decurtato a tre miglia nautiche, cosa che ha reso inutile uscire in mare con i pescherecci, e ha costretto i pescatori della Striscia a gettare le reti a pochi passi dalla riva, a bordo di autentici gusci di noce. Nonostante ciò, dalla fine dell'invasione ci sono state decine di incidenti in mare, anche entro le tre miglia nautiche. Queste notizie hanno trovato risonanza minima nella stampa internazionale. Tuttavia, basandosi solo su quelle riportate dai media, si calcola che in due mesi l'esercito israeliano abbia sequestrato 13 barche, arrestato 28 pescatori e ne abbia feriti almeno cinque. Nessuna di queste violazioni della sovranità palestinese è stata in alcun modo indagata o sanzionata.

Lo scorso 13 aprile, le agenzie internazionali riferivano di un misterioso attacco contro i soldati della marina israeliana, che sarebbe stato compiuto con una barca imbottita di esplosivo. Secondo il comando israeliano, la barca in questione sarebbe stata fatta esplodere con un comando a distanza da un misterioso gruppo chiamato Unità Speciali Segrete, ma il ministero dell'agricoltura palestinese smentisce completamente, sostenendo che il peschereccio sia esploso in conseguenza dei colpi sparati dai militari di Tsahal. Israele accusa i pescatori palestinesi di essere coinvolti nel contrabbando di armi, che verrebbero scaricate in alto mare da navi iraniane. I pescatori della Striscia però negano categoricamente questa possibilità, e rivendicano il diritto di procurarsi il cibo quotidiano per le proprie famiglie. Da quando Israele ha stretto il controllo anche sul confine marittimo, i loro redditi sono crollati e l'intero settore allargato della pesca è al collasso. Al mercato del pesce di Gaza città, una folla di compratori attende ogni giorno l'arrivo del pesce, che è sempre più scarso e costoso. Le cassette di merluzzi, sgombri e anche tonni, vengono vendute all'asta tra urla e spintoni. “Non ci importa nulla della politica” spiega a Peacereporter Mahmoud al Asi, il capo del sindacato dei pescatori della Striscia. “vogliamo solo lavorare, il contrabbando di armi è solo una squallida bugia. A nessuno di noi verrebbe in mente anche solo di portare un arma. Non vogliamo offrire a Israele un pretesto per attaccarci, ma tanto lo fanno ugualmente”.

Le testimonianze dei pescatori che in questi ultimi mesi sono stati arrestati sono tutte simili. Durante un'uscita in mare i pescatori vengono avvicinati da una barca israeliana, che li minaccia e gli spara. Poi la barca viene fatta ormeggiare a una boa, prima di essere sequestrata, mentre i pescatori vengono portati nei centri di interrogatorio e detenzione ad Ashkelon e Ashdod, in Israele. Nella maggioranza dei casi i pescatori raccontano di essere stati insultati e minacciati, e di avere poi ricevuto la proposta di collaborare con Israele, prima di essere rilasciati al confine con la Striscia, al valico di Eretz, senza soldi e spesso anche senza scarpe. L'ultimo di questi episodi è avvenuto mercoledì 21 aprile, quando i soldati israeliani hanno arrestato quattro pescatori e sequestrato due imbarcazioni. In molti altri casi, le barche non sono state sequestrate ma sono state gravemente danneggiate dagli spari o le reti sono andate perse, danni che per il misero reddito dei pescatori di Gaza pesano come macigni.

Foto di Naoki TomasiniMa per quale ragione Israele ha scelto di restringere lo spazio marittimo della Striscia? Secondo Michel Chossudovsky, giornalista per Global Research, la riduzione delle acque territoriali e l'offensiva contro i pescatori sarebbero direttamente legate al possesso e al controllo delle riserve strategiche di gas, al largo delle coste della Striscia. Si tratta di giacimenti noti da quasi un decennio, che secondo la principale concessionaria, la British Gas, hanno un valore di circa quattro miliardi di dollari. I diritti su quei giacimenti furono ceduti nel '99 alla British Gas dall'Autorità Palestinese, che ne avrebbe dovuto ricavare un profitto. La sovranità palestinese su quel gas venne contestata dalla corte suprema israeliana, e nel 2001 l'allora premier Ariel Sharon pose il veto sull'accordo tra British Gas e Anp. L'elezione di Hamas nel 2006 ha sancito il crollo dell'Autorità Palestinese a Gaza e, scrive Chossudovsky, “ha permesso a Israele di prendere, de facto, il controllo di quelle riserve”. Israele tentò di riprendere la contrattazione con British Gas, ma l'accordo fallì nel 2007. L'inchiesta di Global Research svela che i preparativi per l'offensiva dello scorso gennaio iniziarono nel giugno del 2008, e che nello stesso mese le autorità israeliane tentarono di riallacciare la trattativa con British Gas. Da allora non ci sono stati sviluppi pubblici, ma in compenso Israele ha prodotto un cambiamento sostanziale sul terreno: il tratto di mare di fronte alle coste della Striscia di Gaza è stato confiscato, anche se illegittimamente. Questo potrebbe rivelarsi decisivo per la trattativa con British Gas. “Se ciò dovesse accadere – conclude l'inchiesta – i giacimenti di Gaza sarebbero inglobati negli adiacenti impianti marittimi israeliani e si integrerebbero nel corridoio per il trasporto energetico che parte da Eilat, sul mar Rosso, e sale verso nord fino ad Ashkelon e poi ad Haifa”.

Naoki Tommasini

Gli aerei cisterna del Governo Italiano che non hanno mai volato

Dal sito di PeaceReporter, un'altra storia sugli acquisti di velivoli militari da parte del Governo Italiano. Con i soliti che ci guadagnano (Finmeccanica) e i soliti che ci rimettono (il Governo, cioé noi).

IL GOVERNO ITALIANO COMPRA AEREI CISTERNA: MA NON NE VOLA NEANCHE UNO

Nel 2001 il governo italiano firma un contratto da quasi un miliardo di dollari per l'acquisto di quattro aerei da rifornimento in volo. La scelta cade sul Boeing KC767A che al momento esisteva solo come versione ipotetica del ben noto aereo civile.

C'era l'urgenza di sostituire i quattro vecchissimi Boeing 707, comprati usati (qualcuno dice esausti) dalla compagnia aerea portoghese TAP e adattati, non senza difficoltà, al ruolo di aerocisterne solo dieci anni prima. Troppo rumore e troppo inquinamento sonoro e atmosferico da quei vecchi motori, come se non fossero già stati vecchi dieci anni prima: il 707 è stato progettato alla fine degli anni ‘40. Altre "vocine" parlavano invece di difficoltà di approvvigionamento dei pezzi, costi esorbitanti per ora di volo e di forti limitazioni all'impiego degli aerei a causa del rischio di tenuta della struttura. Scegliendo un aereo molto conosciuto, il 767 era in produzione dal 1982, si pensava di avere vita facile e che i nuovi arerei sarebbero arrivati presto. L'Italia però sottoscriveva un contratto in bianco, per un aereo che -nella versione richiesta- non aveva mai volato. Essere il "cliente di lancio" non è mai un buon affare, a meno che la casa costruttrice non sia disposta a scendere molto col prezzo. Tuttavia il governo -anzi i governi vista la successione tra il 1999 ed il 2001 dei due diversi schieramenti- preso dalla smania di avere il giocattolo nuovo, come i ragazzini che fanno nottata davanti al negozio per comprare l'ultimo videogioco, firmava tutto.

Un contratto di quel valore non poteva non comprendere compensazioni "offset" in quantità almeno pari alla cifra sborsata in contanti e così fu. Era un offset conglobato al contratto stesso, una specie di compartecipazione agli utili, ma anche al rischio. L'industria aeronautica italiana con tutti i suoi nomi più grossi venne coinvolta, perfino Alitalia entrò nella partita. La Boeing avrebbe fatto gli aerei e le ditte italiane si sarebbero occupare (in particolare le Officine Aeronavali di Napoli di Alenia Finmeccanica) dell'assemblaggio del sistema di rifornimento, sia per i velivoli nazionali che per quelli destinati ad altri acquirenti, il tutto all'interno di una griglia predeterminata di scadenze ed oneri dalle due parti dell'Atlantico. La consegna dei primi aerei doveva avvenire nel 2005 e terminare nel 2008. Quasi contemporaneamente all'Italia anche il Giappone sottoscrisse una commessa simile, inutile dire che anche essere il secondo cliente di lancio non è un buon affare, specie se si tiene presente che le forze aeree americane non avevano (e non hanno ancora) adottato il velivolo. Ma come? L'Usaf da sempre compra gli arerei che l'industria nazionale le propone, ma stavolta mandava avanti altri, forse per vedere quanto la strada fosse sicura. Passa il tempo e i problemi di sviluppo del nuovo sistema si sentono, in pratica le modifiche rispetto ad un 767-200 commerciale sono: militarizzazione degli impianti di comunicazione, un generale rinforzo della struttura e del pavimento del ponte principale, portellone laterale per il carico di persone e materiali e soprattutto l'integrazione dei sistema misto di rifornimento. Nella versione italiana l'aereo monta due diversi sistemi per il rifornimento: in coda un sonda rigida ad alta portata, secondo lo standard dell'Usaf. Sulle ali e sulla pancia tre sistemi flessibili a canestro adottati da tutte le altre forze aeree occidentali e dalla Us Navy. Visto che in Italia si sta usando un mix-dei due sistemi (a causa degli F16 che abbiamo in affitto, ma questa è un'altra storia) la scelta non poteva che essere la più complessa.

Il primo aereo pagato dall'Italia vola dal 2004, ma i piloni delle stazioni di rifornimento flessibili sotto le ali e sotto la pancia creano vortici e vibrazioni, è pericoloso e non si può avanzare nella produzione. Negli Usa comincia una campagna di prove in volo con decine di prove e tentativi, ma nel frattempo il tempo passa. La Boeing da la colpa ai fornitori italiani che non rispettano i tempi di consegna, le responsabilità si rimpallano, e alla fine del 2007 decide di far da se. Intanto i 767 giapponesi "passano avanti", sembra perché siamo più semplici da far volare, visto che hanno solo il sistema rigido in coda. Sarà, ma anche per loro la prima consegna è a febbraio 2008. Ora sembra che i problemi di integrazione siano stati risolti, ma di vedere gli arerei in Italia se ne parla forse da quest'anno e dal maggio 2008 non vola più nemmeno l'ultimo dei vecchi 707. Il sistema delle compensazioni è in discussione e la Boeing -vista la figuraccia rimediata- rischia di perdere la gara che l'Usaf ha bandito per centinaia di velivoli. Verrebbe da sorridere: uno strumento di guerra in meno -le aerocisterne servono per tenere in volo per più tempo i bombardieri- è sempre una buona cosa... Già, ma alla fine questa storia è un altro buco dove far sparire i soldi: un miliardo di dollari e si badi bene, sono dollari "costanti" cioè al riparo dalle bizzarrie dei cambi. Un miliardo per quattro aerei... un affare, per chi? Il KC767A non vola, ma di sicuro certi stipendi e certe carriere non restano al palo.

Paolo Busoni

Sensualità a corte: il film nelle sale a Natale 2009

Dopo l'ultimo episodio della quinta serie di Sensualità a corte (volete vederlo insieme a tutti gli altri? correte qui!), la notizia che tutti i fan stavano aspettando ora posso confermarvela direttamente: il film di Sensualità a corte, di cui si parla fin dalla scorsa estate, si farà!

Tramite indiscrezioni di membri della troupe raccolte personalmente, per ora posso dirvi e confermarvi che
il progetto é già avviato, e che si parla di un'uscita possibile della pellicola per Natale 2009. Tra le novità circolate si parlava proprio dell'introduzione di nuove figure, tra cui il padre di Jean Claude, puntualmente avvenuta in corner proprio nella puntata di di ieri: un'ulteriore conferma alle voci circolanti da mesi?


Nell'attesa di riuscire a saperne di più, gustatevi l'ultimo episodio della quinta serie. Insieme a tutti gli arretrati,
lo trovate qui! E se avete altre news, ovviamente fatemi sapere...

Come fare surf a Milano città

"Si informano i signori viaggiatori che a causa dell'esondazione del naviglio della Martesana, la circolazione dei treni è interrotta tra le stazioni di Cascina Gobba e Cassina De' Pecchi.L'interruzione causerà ritardi e rallentamenti su tutta la linea.Ci scusiamo per il disagio provocato dal maltempo. Stiamo lavorando per ripristinare la circolazione il prima possibile". L'annuncio di stamattina appena salito sulla linea verde della metropolitana per andare al lavoro.

Milano torna lentamente alla normalità dopo 2 giorni di pioggia continua, che come al solito hanno creato un caos incredibile che manco a Venezia con l'acqua alta.


Intanto, approfittando del sole risorto, il sottoscritto ha deciso di andare nel pomeriggio a fare surf come vedete dalle foto, per avere le onde basta aspettare solo che passi qualcuno...


Quante bestemmie ho tirato a quelli che passavano di fianco a me in macchina, Dio solo lo sa...
I miei pantaloni ancora gridano vendetta... :)

venerdì 24 aprile 2009

Borghezio appeso ai lampioni come Mussolini e sacrestani con le svastiche. Storie di un'Italia che non riesce a liberarsi dai propri fantasmi.

L'eurodeputato della Lega Nord Mario Borghezio appeso ad un lampione a testa in giu', a ricordare l'uccisione e l'esposizione del cadavere di Benito Mussolini in piazzale Loreto accaduta il 29 Aprile 1945. O meglio (e per fortuna) solo un fantoccio che riproduceva le sue fattezze a grandezza naturale.

E' quello che si sono trovati davanti alcuni ignari passanti ieri notte davanti alla sede della Lega Nord in via Poggio 23 a Torino. L'azione é stata rivendicata piu' tardi rivendicata dalla federazione anarchica torinese: "nella nostra citta', in occasione del 25 aprile, c'e' chi ha voluto ricordare che oggi il fascismo ha il volto della Lega e colpisce ogni giorno".





La notizia, sostanzialmente ignorata dai grandi media (a parte una nota dell'ADNKronos non ho trovato altro), é stata ripresa soltanto dal network di Indymedia. Sui muri di Torino accanto al fantoccio appeso troneggiavano anche le scritte 'Lega=fascismo' e 'Borghezio... piazzale Loreto c'e' ancora posto!', con accanto il simbolo dell'anarchia. Sotto al campanello degli uffici della Lega Nord e' stato affisso anche un cartello con la scritta 'Bossi, Maroni e Borghezio... a p.le Loreto c'e' ancora tanto posto!'.



Nel frattempo - per restare in tema - oggi é uscita su Corriere.it la notizia shock del sacrestano di Vigevano, in provincia di Pavia, che martedi' scorso ha accolto i parrocchiani davanti alla propria chiesa con l'effigie di una svastica nazista indossata sul braccio con surreale naturalezza. Angelo Idi, 51 anni, da 5 anni canonico della parrocchia di San Francesco, lo ha fatto proprio martedi', il giorno del ricordo delle vittime dell'Olocausto in cui tutto il mondo si é raccolto per tributare gli onori alle vittime dei campi di concentramento nazisti.


«Non lo sapevo — si é giustificato —, ma non mi pare comunque che in questi anni gli israeliani abbiano avuto la mano leggera con i palestinesi». «Sì, io sono di estrema de­stra — ha poi ammesso — e sono fiero di esserlo. Mi sento il portavo­ce delle Brigate Nere, dei giova­ni combattenti della Repubbli­ca di Salò che non hanno sven­duto il loro onore e la patria, co­me invece hanno fatto coloro che, definendosi combattenti, hanno fomentato una guerra fratricida».

Tutto questo accade all'indomani del 25 aprile, festa nazionale della Liberazione. Quel giorno di tanti anni fa l'Italia ha festeggiato la vittoria contro il nazifascismo. Ma é triste constatare come ancora oggi, a distanza di tanti anni, non sia riuscita anche a liberarsi dai suoi fantasmi.


giovedì 23 aprile 2009

Agusta-Priolo-Melilli, il triangolo della morte siciliano : controcronache dal G8 sull'ambiente di Siracusa

Controcronache dal G8 sull'ambiente in corso a Siracusa. Peraltro non so voi, ma io sui grandi media non é che ne trovi queste gran tracce... Per chi poi volesse informarsi di più sui rischi derivanti dal mercurio, una sintesi piu' che esaustiva la trovate qui.

QUEL TRIANGOLO DELLA MORTE DOVE 6 BAMBINI SU 100 NASCONO MALFORMATI

Il dottor Giacinto Franco non fa altro che scrivere e denunciare. L’ultima volta, lo scorso 28 marzo, mette nero su bianco alcuni “cenni sulla situazione nel triangolo Augusta-Priolo-Melilli”, ossia in quell’area che Pippo Annino, presidente di un comitato locale che si oppone alla costruzione del nuovo rigassificatore di Priolo, chiama senza mezzi termini il “Triangolo della morte”. Nel documento di Franco, che contiene anche “proposte operative”, viene ricordato innanzitutto che Augusta è la città col più alto tasso di tumori d’Italia e che 6 bambini su cento nascono con malformazioni congenite contro una media di due nella Sicilia Orientale. Poi aggiunge un dato nuovo: l’aumento delle patologie tumorali, da qualche anno, non riguarda soltanto il polmone e il cervello ma anche il fegato, il pancreas e il colon.


In altre parole, secondo Franco, “l’aumento è da mettere in relazione all’inquinamento non solo dell’aria ma dell’intera matrice ambientale (acqua, suolo e mare) con compromissione grave della catena alimentare”. Insomma, ciò che respiriamo ma anche ciò che mangiamo. Come i pesci deformi che dai fondali del porto di Augusta finiscono sui banchi dei pescatori e da lì sulle tavole dei cittadini del “Triangolo”. Pippo Annino è di Melilli e quei pesci li ha visti: “Fanno impressione con quella “schiena” piegata. Tutta colpa del mercurio –ma anche dell’arsenico- scaricato nelle acque di Augusta”.

Già, il mercurio: una vera ossessione per Annino: “Costringono gli autisti a trasportare i fusti tossici fino alle imbarcazioni e da lì via fino all’entrata del porto dove avviene lo scarico in acqua”. Ma non è sempre stato così: prima delle inchieste giudiziarie il viaggio dei fusti tossici cominciava con un gioco di prestigio o meglio di occultamento: “I fusti –racconta Annino- venivano divisi in due scomparti: sul fondo, il mercurio e sopra uno strato di calcestruzzo. Il tutto, poi, veniva caricato sui camion per essere “smaltito” nelle discariche del centro-nord, Ravenna in testa”. Decenni di abusi e di violazioni e di speculazione che hanno reso terra la più inquinata d’Italia.


La stessa terra in cui sono riuniti i ministri per l’ambiente degli otto governi più inquinanti del mondo,e tra questi Stefania Prestigiacomo (originaria di Siracusa), una che nel “triangolo della morte” possiede tre aziende di famiglia (Coemi spa, Vetroresina engineering development, Sarplast –fallita) e che è anche azionaria di una società gestita dal padre (Ved), sulla cui testa incombono processi per bancarotta fraudolenta, trattamento e smaltimento illegale di rifiuti, violazione delle norme di sicurezza nei confronti dei dipendenti: quattro di questi hanno intentato una causa.

Alla Prestigiacomo, qualche mese fa, ha scritto anche il dottor Giacinto Franco: “Come preannunciato a mezzo stampa abbiamo iniziato uno studio sulla presenza di metalli pesanti in un gruppo di donne in età fertile residente nel “Triangolo”. La prima fase dello studio è terminata: abbiamo riscontrato una presenza elevata di mercurio, oltre a valori in eccesso di metalli pesanti nei campioni di capelli.” Attraverso questa lettera aperta al ministro, il dottor Giacinto Franco auspica una “bonifica” dei cittadini oltre che dell’area del porto di Augusta e infatti propone per “tutti i soggetti sottoposti ad analisi una terapia chelante personalizzata”.


Del resto, è preferibile restituire la salute ai cittadini piuttosto che – come spiega Pippo Annino- aumentare le cubature dei cimiteri: “Il cimitero di Melilli lo hanno ampliato tre volte in dieci anni, quello di Villasmundo 2 volte in sette anni”. Due cimiteri, in un paese di 7.000 abitanti. Anzi tre: “Hanno inaugurato da poco – continua Annino – un altro cimitero, quello di Villa Giardino, con tanto di depliant, di inviti e inaugurazione”. E vip: come gli assessori regionali Pippo Gianni o Giuseppe Sorbello che da quelle parti fanno il pienone di voti alla faccia de i guastafeste come Annino cui per tre volte hanno incendiato la casa. O come Salvatore Gurrieri che da Marina di Melilli, un paese scomparso per fare spazio allo stabilimento dell’Erg, non voleva proprio andarsene. Adesso dimora in uno dei due cimiteri del paese. Gurrieri è uno dei pochi, da queste parti, che è scampato al tumore: lui, hanno preferito incaprettarlo.

(dal blog di San Precario)

Avete la stoffa per fare i giornalisti? Scopritelo qui!

Avete la stoffa per fare i giornalisti? Provate questo piccolo gioco sul web! L'articolo é preso dal Corriere della Sera.it.

BE A REPORTER, IL GIORNALISTA VIRTUALE

Giocare a fare il giornalista per imparare le regole del mestiere. Be a Reporter è un web game lanciato da NewsU.org, il centro di formazione online sul giornalismo del Poynter Institute for Media Studies. Il protagonista è un redattore di un giornale locale assoldato dalla sua caporedattrice per fare luce su alcuni casi d'intossicazione alimentare verificatisi tra gli studenti della scuola elementare cittadina.

In redazione è arrivata una soffiata: a mandare i bambini in ospedale sarebbe stata una partita di formaggio avariato servita alla mensa dell'istituto. “Ma noi non possiamo mettere in pagina un pezzo su una semplice voce” dice la caporedattrice al suo giornalista. “Cerca di saperne di più, verifica se il rumor corrisponde al vero e trova delle conferme”.

Così il reporter, armato solo del suo computer palmare, comincia a battere i marciapiedi di Medina, la città virtuale dove è ambientato il gioco, alla ricerca di qualcuno che possa saperne di più. Il tutto con tempi di consegna del pezzo strettissimi.

Muovendosi sulla mappa della città, il giornalista si reca all'ospedale, poi fa tappa alla scuola elementare e al caseificio locale, dove qualche mese prima era scoppiato un incendio. In ogni posto dove si reca parla con qualcuno, fa dalle domande, prende appunti e ricostruisce quanto accaduto.

Il gioco dura in tutto più o meno un quarto d'ora. Il pezzo può essere inviato in qualsiasi momento, ma a seconda della quantità e della rilevanza delle informazioni raccolte avrà un titolo più o meno significativo, e un maggiore o minore spazio all'interno del quotidiano. E ovviamente la reazione del caporedattrice sarà diversa. Se l'articolo non riesce a fare chiarezza sul caso e non porta nessuna novità, la stroncatura è assicurata. Se invece riesce a spiegare cosa è davvero successo finisce in prima pagina. Un modo diverso per capire come funziona una redazione e come si costruisce un vero scoop.

mercoledì 22 aprile 2009

Principi attivi: tre storie di salute ed immigrazione.

A fronte di giornali che vengono meno alla propria missione informativa per occuparsi solo di spettacolo e reality, ce ne sono altri più sconosciuti che ogni tanto piazzano sulle loro pagine qualche perla di giornalismo che ci dà una spinta a continuare questo mestiere.

E' il caso di "
Principi Attivi: tre storie di salute ed immigrazione": una piccola inchiesta condotta dagli studenti dell'università di Pavia condotta dalle pagine del loro mensile "Inchiostro" sulla condizione degli immigrati minacciati dall'attuazione del decreto legge che obbligherebbe i medici a denunciare la loro condizione di clandestinità in caso di ricorso alle cure mediche. A me é piaciuta parecchio, e la voglio condividere con voi. Un grazie a Maria Luisa Fonte, Francesco Macca, "Strepto" e "Sporo" (che ne sono autori tutti insieme) per avermi fatto leggere davvero qualcosa di bello. Continuate cosi' ragazzi!

PRINCIPI ATTIVI: TRE STORIE DI SALUTE ED IMMIGRAZIONE

“Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.” (Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Art. 25)

Forse ci eravamo illusi nell’accusare la Medicina di occuparsi di malattie, più che di malati. Di classificazioni e linee guida, più che di persone. Ci sbagliavamo. Oggi la Medicina si occupa di codici e esenzioni e DRG (Diagnosis-related group), per il contenimento della spesa sanitaria. E si occupa di farmaci, di princìpi attivi più o meno griffati, di dosaggi. Ma dietro diagnosi e prescrizioni continuano ad agitarsi storie, corpi. Dolori. Il tentativo di intaccare il diritto alla salute attraverso i tristemente noti emendamenti leghisti al ddl sicurezza ha risvegliato un po’ le coscienze: medici e personale sanitario stanno facendo sentire la propria voce a favore del diritto alla salute; il nemico naturale è il ddl sicurezza, col reato di clandestinità e le altre perle di cui ora tanto si parla (in ritardo, e troppo spesso strumentalmente).


E allora ecco tre storie, per cui ringrazio un medico che ancora sa occuparsi dei “princìpi attivi” della propria professione, oltre a quelli dei farmaci. Lavora come volontario presso l’Ambulatorio Caritas di Pavia; un posto che, ai tempi del reato di clandestinità e dei medici che si rifiutano di fare le spie, rappresenta un potenziale ricettacolo di malfattori. Sperando che continuino nel loro “crimine”.


INSULINA


In Via della Povertà, oltre ad Einstein che suona il violino elettrico, c’è K che suona l’organetto. K vive due condizioni che insieme danno una miscela esplosiva nell’Italia d’oggi: infatti K è diabetico, ed è romeno. Prima dell’entrata della Romania nell’UE (2007), K aveva il suo buon codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) che gli permetteva di ottenere l’impegnativa per andare in ospedale a fare controlli glicemici e ottenere la richiesta per l’insulina. Poi, il limbo: la situazione di “neocomunitario” non gli permette più di aver diritto all’STP, e la mancanza del benedetto permesso di soggiorno non gli permette di iscriversi al sistema sanitario nazionale.

Ma il diabete non è sottile come la burocrazia, malattia tutta italiana; qualcosa K la deve pur fare. E allora si arrabatta alla bell’e meglio, si rivolge ai medici volontari dell’Ambulatorio Caritas e a medici “amici” dell’ospedale: tra dosaggi alchemici ed improvvisati, K riesce a mettere in circolo l’insulina necessaria alla sopravvivenza. Ma il diabete è una malattia seria: oltre alle dosi di insulina, ci vogliono i controlli, i glucometri con le striscette quasi sempre non compatibili, le siringhette da 1ml. Soprattutto, ci vuole continuità terapeutica. Le mancanze si fanno sentire: K soffre diverse punte di iperglicemia, fino al coma diabetico. Poi, il cerotto sulla burocrazia è un nuovo codice, ENI (Europeo Non Iscritto), che permette di riagganciare K alla dovuta serie di controlli, striscette e siringhette.


Restano tanti problemi, il costo dei ticket che il gracchiare di un organetto non riesce a coprire, l’educazione alimentare e la prevenzione delle complicanze… Ma almeno K oggi riesce a sopravvivere su Via della Povertà, col suo diabete e la sua romenità. Domanda: si sarebbe presentato in ospedale ad elemosinare insulina, K, se ci fosse stato il rischio di essere denunciato per il mancato permesso di soggiorno (che è un po’ come avere la peste, nell’Italia della Lega)?


PERMETRINA

I sacri testi dicono che “prolifera negli ambienti con scarsa igiene collettiva”; e Via della Povertà è uno di questi. E la SuperHuman Crew delle ronde può difendere le strade dalla criminalità etnicizzata ad hoc, ma contro di lui può poco. S è una delle sue vittime. Ma tranquilli, nessun panorama apocalittico all’orizzonte, nessuna epidemia di TBC o lebbra. Il nemico di S, piccolo e bastardo, è più banale, per quanto molesto: il Sarcoptes scabiei, l’agente eziologico della scabbia.

Non si sa cosa faccia S per vivere, né dove passi la notte. La fretta e il divario linguistico son carogne, e allora le prime a balzare agli occhi dei medici sono le macchie: quelle rosse e in rilievo sull’addome, sulle mani, sui polsi. E giorni e giorni a grattarsi, aspettando che passi. Sarà la polvere, sarà un’allergia, sarà. Andiamo dal medico, si sarà detto S. Non ha il permesso di soggiorno, ma perché dovrebbe temere un medico? E i medici volontari per un po’ brancolano nel buio, poi l’illuminazione e un po’ di sano pregiudizio (che in questo caso è un ragionamento di Sanità pubblica): “Scusa, ma dove vive S?” “non si sa” “come non si sa” “bazzica Via della Povertà” “ma vuoi vedere che è scabbia?”.


La scabbia contagia in primo luogo la mente dei medici: tornati a casa, ci si sente uno strano prurito psicologico su tutto il corpo, anche dopo ripetute docce, e viene l’insano rimorso di non aver messo i guanti prima di stringere la mano a S, ogni volta che torna a prendere il tubetto di permetrina da spalmare sulle zone colpite per diverse settimane. L’effetto terapeutico della crema, per S, è nella sensazione di sollievo dato dal tubetto fresco e dalla sua lingua semisolida sulla pelle rossa rovente.


Ora, se S avesse paura di presentarsi ai medici per il farmaco antiscabbia, cosa succederebbe? Rischio di diffusione del temibile Sarcoptes nelle nostre città, nelle nostre linde case? Forse. Soprattutto, S continuerebbe a riempirsi di piccoli bastardi, a grattarsi; i graffi si infetterebbero con bestiacce ancor più piccole e bastarde, i pochi contatti di S lo eviterebbero del tutto… Soprattutto, S continuerebbe a star male e isolato su Via della Povertà. Malato di paura.


DICLOFENAC SODICO

Y si presenta in Ambulatorio letteralmente piegato a metà. Il medico parte con la carica di congetture: “Sei caduto? Incidente stradale? Ti hanno picchiato? Incidente sul lavoro?...”. Y è tunisino ma mastica l’italiano, a “incidente sul lavoro?” fa di sì con la testa. “Da dove sei caduto?” “No, no caduto; è stato cinquantachili”.

Servono minuti di dialogo sconclusionato per comprendere che il “cinquantachili” è il sacco di cemento da 50kg che Y stava sollevando; l’ennesimo, ma stavolta qualcosa, nel dorso, non ha retto. Y lavora in uno dei tanti cantieri di Via della Povertà, lo accompagna il collega Buon Samaritano, ancora sporco di calce. La prima diagnosi è di “lombosciatalgia” e l’iniezione di diclofenac sodico calma ben poco il dolore. Dopo la doverosa trafila medica tra codici e codicilli, finalmente gli occhi di un ortopedico fanno calare la sentenza: ernia discale.


Y passerà due mesi a letto, che franeranno sulla sua vita con la perdita di casa & lavoro. E problema diventano i 3€ per il diclofenac, problema è raggiungere la farmacia o l’Ambulatorio per recuperarlo; problema è riuscire a mangiare due volte al giorno, scendere le scale della casa in cui è ospitato; problema è doversi comprare la biancheria pulita per la visita medica, e quella puzza di alcol ai controlli: “Ma bevi?” “sì, vino, la sera” “ma lo sai che ti fa male?” “sì, ma a me serve per sostenermi”. A conti fatti, le calorie di un litro di vino costano meno dell’equivalente in cibo.


Ammalarsi di povertà è come cadere in una trappola; ma se Y, assunto in nero, avesse temuto di presentarsi dal medico piegato a metà, forse avrebbe perso qualcos’altro, oltre a casa & lavoro.


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Dopo aver letto questo, fa piacere leggere su Repubblica che si moltiplicano le iniziative di medici, ordini professionali e singole regioni contro questo decreto ancora in discussione.

L'ultima di queste é la spilletta "Io non denuncio" che i medici si appenderanno sul camice per tranquillizzare gli immigrati che a loro si rivolgono per le cure. Un appello a tutti i medici: non denunciate!


Sbatti la tetta in prima pagina

Oggi vorrei conferire il premio "tenacia e coerenza editoriale" al quotidiano free press Leggo.

La motivazione? L'incredibile tenacia e arguzia con cui riesce ad inserire praticamente ogni giorno un paio di tette in prima pagina, adottando le motivazioni piu' incredibili o aggrappandosi alle notizie più inveriosimili. Che siano di protagoniste di reality (al momento le piu' gettonate), di starlette televisive o di fenomeni di costume, l'incredibile redazione del free press milanese riesce incredibilmente a piazzarne almeno un paio in copertina quasi ogni giorno. Non ci credete? Qui sotto alcuni degli esempi più recenti:


14 Aprile
: Approfittando di una ricerca di costume sulla crescita della taglia media del seno delle italiane negli ultimi anni, piazza in copertina un titolo con realtiva foto che lascio a voi scoprire...

15 Aprile: in America viene premiata la selezione di Cheerleader piu' apprezzata dai tifosi del continente americano. Poteva "Leggo" farsela scappare?

16 Aprile: stavolta la foto é un po' piu' soft, ma il titolo in compenso pareggia tutto. I "seni volanti" faranno storia.

20 aprile: il rientro al lavoro del lunedi', si sa, é duro. "Leggo" lo addolcisce cosi', con la solita Cristina dal Basso. Se avesse messo il copyright sulle proprie tette, ora "Leggo" (ma non solo) le dovrebbe miliardi...

22 aprile, oggi: addirittura doppietta in prima pagina! Il quotidiano "buca" clamorosamente l'evento mondiale del giorno (la Giornata Mondiale della Terra) relegandolo a margine di un'intervista sul ritorno di Adriano Celentano. Per "Leggo la "giornata mondiale della Tetta" tira di più.

Citazione particolare di oggi a pag 7: nella giornata della Terra, dove si parla in genere dei pericoli della deforestazione e dello sfruttamento selvaggio delle risorse del pianeta, cosa ti piazza il "Leggo"? Un reportage sui rossetti, con articolo di taglio alto sulle linee di cosmesi create "con estratti naturali provenienti dalla foresta amazzonica ("Beauty corpo, energia dalla foresta amazzonica). Che dire: complimenti per la sensibilità!


In chiusura una menzione speciale anche per il genio che ieri é riuscito ad incastrarsi con lo scooter tra 2 tram in piazza della Scala a Milano rimanendo pero' - ci informano le agenzie - "miracolosamente illeso"! Di fianco Gisele Bundchen ci spiega che a Milano c'é lo smog e che quando viene qui le si arrossa il nasino. Per la par condicio un po' di gnocca anche dal Metro: touché!


martedì 21 aprile 2009

Cercate lavoro? Il 22 aprile lo trovate qui!

Da Repubblica.it, un'utile opportunità per chiunque cerchi lavoro!

Prende il via domani la prima fiera virtuale del lavoro. Gli studenti incontrano sul web aziende e università per scoprire come si trova un impiego. Durerà otto ore e i direttori del personale faranno colloqui ai candidati con una webcam. I migliori si conquisteranno un incontro faccia a faccia per avere il posto

BIP, il career day é virtuale. In video chat con le imprese
di FEDERICO PACE

Provano a passare per lo stretto occhio di una webcam le speranze dei giovani in cerca di lavoro. Non più le sale d’attesa dove i responsabili delle risorse umane si facevano attendere a lungo. Non più i grandi spazi anonimi delle fiere dove spaesati ci si ritrovava ad accumulare depliant e brochure pubblicitarie senza neppure un incontro. Ora ci si può sedere davanti a un pc e provare a confrontarsi direttamente con chi può darci un lavoro. La nuova frontiera dei career day, quelle occasioni di incontro tra studenti e operatori, è sempre di più online.

Kermesse virtuale. Si chiama Bip, ovvero borsa internazionale del placement, e prenderà il via domani, alle nove del mattino, quello che sembra essere il primo career day che si svolgerà interamente sul web (www.biponline.it). Alla grande kermesse virtuale parteciperanno la gran parte delle università italiane (ad oggi sono 72 ad avere risposto all'appello), piccoli e grandi atenei, molte imprese note e migliaia di studenti. Tra avatar e chat-room gli operatori che incontreranno i giovani proveranno a rendere meno complesso e labirintico il percorso, spesso troppo poco limpido, che dovrebbe portarli dai banchi dell’università (o delle scuole superiori) fin dentro il cuore operativo delle imprese.

Settori e aziende. Nonostante la crisi, o forse proprio per quello, sono in molte le imprese a partecipare. Forse perché così si può risparmiare una buona fetta di costi che questi eventi (quando sono reali) impongono tra stand e logistica. Quasi un centinaio le aziende. Ci sono operatori attivi nelle assicurazioni e nel credito come Bnl Gruppo Bnp Paribas e Banca Antonvenenta Gruppo MPS. Ci sono istituzioni come la Banca d’Italia. Imprese di consulenza e servizi come Accenture, Kpmg o Seat Pagine Gialle. C’è la grande distribuzione come Auchan, Carrefour, Autogrill e Upim. Ci sono le imprese dell’Ict come Cisco e Ibm, e non mancano i brand famosi come Adidas, Danone, Coca Cola, Microsoft e Procter & Gabmble.

Il match e la chat. Ciascuna di loro ha uno spazio virtuale dove inserire le offerte di lavoro, un profilo, statistiche, contatti e presentazioni video. Per ciascun impiego vacante, le aziende definiscono una scheda dettagliata con le caratteristiche del candidato “ideale” come ad esempio il voto minimo di laurea, la facoltà di provenienza, il livello desiderato di conoscenza delle lingue straniere. Dal suo canto, chi è in cerca di lavoro, deve registrarsi al sito e definire il proprio profilo. A quel punto potrà cercare le posizioni che più gli interessano. Il tutto avviene su una piattaforma, dal nome Bip Match, che mette a confronto le richieste dell’impresa con i requisiti del candidato. Se tutto “coincide” ci si potrà mettere direttamente in contatto con i selezionatori. Sarà poi la video-chat, o quella specie di colloquio-virtuale che si svolgerà in qualche minuto, a permettere di conquistarsi un vero e proprio incontro per la posizione di lavoro in azienda.

Gli inattesi partecipanti. In Italia ci sono già imprese che valutano candidati utilizzando il web o giochi di simulazione. Negli Usa si sono già svolte fiere di questo tipo a cui hanno partecipato, su Second Life, grandi imprese come eBay, Hewlett-Packard, Microsoft e Verizon Communications. Per molte di loro è un modo per raggiungere anche quel segmento di giovanissimi candidati, ad altissimo tasso tecnologico, che probabilmente altrimenti non passerebbe dalle loro parti. Un modo per dare l’opportunità ai giovani in cerca di lavoro di entrare in contatto con le imprese in un contesto più confortevole. In alcuni di questi eventi si è scoperto, con un pizzico di sorpresa, che i candidati approdati sulle isole virtuali erano tutt’altro che giovanissimi. La gran parte di loro, al contrario, erano figure con esperienza professionale di almeno cinque anni.

Le nuove frontiere e le porte a cui bussare. Difficile dire se in futuro la selezione del personale farà, davvero, fondamentale affidamento al web. La “digitalizzazione” dei processi di selezione delle risorse umane, come accade per molte delle cose che riguardano Internet, Procede per strappi e improvvise pause. Per slanci improvvisi, visioni futuristiche, improvvisi arresti e cauti passi indietro. A chi cerca lavoro non resta che provare a incamminarsi anche verso le nuove frontiere digitali, senza però dimenticare di continuare a bussare alle porte, non virtuali, di quelle imprese che hanno ancora voglia e capacità di investire sulle persone.

lunedì 20 aprile 2009

Prenderla con filosofia

(Tnks to PTWG)

Per la serie: cosa cercano gli italiani sul web... :)

Divertitevi con il generatore di cartelloni elettorali dell'UDC

Vi ricordate il divertente "generatore di articoli di Libero"?


Bene, da oggi c'é anche il nuovo "generatori di cartelloni elettorali dell'UDC", creato da "Paul the wine guy".

Per chi non ne puo' piu' di vedere il faccione del Pierferdy fare capolino da ogni dove in metropolitana, con quella povera bambina innocente!

Elettori, ora tocca a voi! cliccate qui e sbizzarritevi: i link con i cartelloni più originali potete postarli di sotto nei commenti: i più belli saranno pubblicati in un post nei prossimi giorni!

Il mio



Il tuo acronimo


U



D



C



Per i lettori via feed e via dashboard di Tumblr, potete usare il generatore qui.