giovedì 2 aprile 2009

Impiegati, più produttivi con Facebook: lo dice una ricerca australiana

Mi dispiace, ma stavolta non posso essere daccordo... Facebook davanti ti trascina in una spirale di cazzeggio che non ha mai fine! Ammettiamolo, per una volta... da Repubblica.it

Impiegati, meglio su Internet
E più produttivi con Facebook

Chi in ufficio naviga anche per “fini privati” riesce a fine giornata a portare a compimento il 9 per cento di lavoro in più di chi non lo fa. Sono più concentrati su un lungo arco di tempo perché fanno interruzioni intenzionali. I risultati di uno studio della Melbourne University

di FEDERICO PACE

Capaci di concludere al meglio quel che gli si chiede di fare, più concentrati e più aperti agli impulsi dall’esterno. Gli impiegati che, dal posto di lavoro, navigano su Internet per "motivi privati" sono quelli che in ufficio vanno meglio e si distinguono per la loro produttività. A dimostrarlo è l’ultima indagine realizzata dall’Università di Melbourne che ha messo in evidenza come chi occupa parte del tempo anche su siti come YouTube o Facebook alla fine della giornata sia in grado di portare sulla scrivania del capo ufficio il 9 per cento in più di lavoro. Più di chi invece si scervella per tutto il tempo, ma con minori frutti e senza pause, sulla stessa pagina di Word o sul medesimo foglio di Excel.

Lo studio sembra presentarsi come una sorta risposta, neppure troppo indiretta, a quei tanti, soprattutto dirigenti d’impresa ma non solo, convinti che un crescente numero di impiegati, catturati dai tentacoli del social-network, finisca per dimenticare ufficio, mansioni e compiti quotidiani (leggi articolo). Per gli autori, al contrario, chi va su YouTube e clicca il video del suo cantante preferito (Matteo di X-Factor?) o su Facebook per scambiare un paio di (malinconiche) chiacchiere con la sua ex-ragazza, ora sposata e madre di un paio di pargoli, riesce a restare concentrato per più tempo lungo l’arco dell’intera giornata rispetto a chi invece ne fa a meno.

L’attenzione e le pause. L’evidenza dello studio in fondo non desta sorpresa e solo a primo impatto può sembrare un paradosso. La navigazione d’intrattenimento, secondo gli autori della ricerca, che hanno studiato in dettaglio il comportamento di trecento lavoratori, è utile a mantenere la concentrazione. Al pari degli studenti che hanno bisogno di fare dei break per recuperare quel livello di attenzione che scema dopo una ventina di minuti, anche gli impiegati hanno bisogno di uscire dal “cerchio stretto” degli impieghi quotidiani. L’altalena tra concentrazione e distrazione è infatti, dice il responsabile della ricerca, necessaria per portare a compimento impegni e compiti anche per un lungo periodo.

L’intenzione e l’invadenza. Il segreto non è solo nelle interruzioni frequenti. Ma nella loro volontarietà. La giornata di ciascuno infatti è punteggiata in realtà da una serie di interruzioni invadenti e non desiderate, perfette per danneggiare quel bene prezioso e effimero che è la concentrazione e di conseguenza la produttività di ciascuno. Le email ne sono solo una delle forme più diffuse e consuete. Le interruzioni intenzionali, al contrario, facilitano la “performance” per un periodo più ampio di tempo.

Il comportamento sembra molto diffuso. Dall’analisi risulta che sette impiegati su dieci occupano un po’ del proprio tempo per una di queste attività. Per lo più, quando gli impiegati, vanno a cercare un pertugio al di fuori dei compiti di lavoro, cercano informazioni su a prodotti o servizi che vogliono acquistare, leggono notizie, partecipano a qualche gioco online e guardano qualche video su YouTube.

I pregiudizi delle imprese e il buon senso. Così sembrano nel torto tutte quelle imprese, e non sono poche, che da qualche tempo a questa parte, senza sapere di danneggiare la produttività complessiva della propria azienda, hanno cominciato a prendere provvedimenti mirati a proibire la navigazione, soprattutto sui social network, dei propri collaboratori. Ovviamente, tengono a precisare gli autori dello studio, le evidenze sono valide nel caso in cui il tempo trascorso sui siti di intrattenimento non superino una data soglia (nel caso specifico si tratterebbe di un quinto dell’orario di lavoro). Spesso il buon senso arriva, con un certo anticipo, alle stesse conclusioni degli studiosi.

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