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Non voglio andare in discussione sulla missione in Afghanistan, come nelle altre in Iraq, Kosovo e resto del mondo. Non voglio discutere se sia giusta, e come e quanto. Sono uno di quelli che si è sentito italiano (per usare le parole del presidente Ciampi) quando ci fu il tristemente famoso attentato a Nassirya contro la base dei nostri carabinieri, e che gli italiani impegnati all'estero in missioni difficili comunque li rispetta. Nassirya fu un attacco vile, e mi dispiacque sul serio per chi quel giorno non potè più uscire da quella base.
Però vorrei solo scrivere queste due righe per farvi riflettere su una cosa.
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Oggi sono andato, una volta appresa la notizia, a curiosare oltre che sui siti tradizionali (Corriere, Repubblica, Etc) sui siti di quelli che si definiscono in genere "media alternativi": Peace Reporter, WarNews, etc. E ho scoperto che in Afghanistan due giorni fa un civile afghano è stato ucciso dalle forze di reazione rapida italo spagnole. In Italia non ne ha parlato nessuno.
Il motivo? Paura: stava guidando una macchina, non si è fermato tempestivamente all'alt e i soldati hanno sparato pensando ad un'autobomba. "Abbiamo fatto fuoco verso terra", hanno detto, ma l'autista è morto, colpito al petto. Verità o falsità? Probabilmente non lo sapremo mai. Ma ora pensate ad un certo Calipari, a come è morto: le similitudini ci sono.
Ancora: lo sapevate che la notte tra il 3 ed il 4 febbraio gli italiani parteciparono ad un raid delle forze Nato contro la presunta abitazione di un capo talebano nel distretto di Bakwa, dove morirono "solo"11 civili, e che il fatto è oggetto tuttora di un'inchiesta del ministro della Difesa Parisi?
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Probabilmente no, perchè nessuno ne parla e nessuno cerca di saperne di più. Nemmeno chi dovrebbe farlo, ovvero i media, che si attengono strettamente alle agenzie ed ai comunicati scarni delle autorità.
Oggi un altro italiano è morto, in un posto lontano che si chiama Rudbar, in un paese distante migliaia di chilometri dal nostro. Cerchiamo almeno di sapere perchè. Se non per lui, almeno per noi.
Post Scriptum: ieri, quando ero già andato via, sul sito del Corriere è comparso anche questo:
"«Era già scampato alla strage di Nassirya nel novembre del 2003, si trovava a cinquanta metri da quell'esplosione. Eppure, nonostante quello spevento era rimasto in missione. Un appuntamento con la morte, purtroppo, solo rimandato», racconta davanti alla casa dei parenti a Carinola uno dei suoi amici di sempre".
Ho citato la strage di Nassirya per caso, senza saperlo, ma quello c'era stato davvero...
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