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29 Marzo, Repubblica.it
"Tra le poliziotte e le maestre di Kabul: "Se tornano i Taliban per noi é la fine"
KABUL - Dietro la sciarpa nera che le nasconde il viso, la voce di Wahida suona dolce e tranquilla. "Il mio lavoro è occuparmi della sicurezza. Vigilo che tutti indossino casco e scarpe, perché nessuno si faccia male in cantiere". Mentre parla, intorno a lei si muovono decine di operai. Tutti uomini. Qualcuno le passa accanto e lancia sguardi di fuoco: lei finge di non vedere.
Wahida è un nome falso. La giovane madre venticinquenne che parla nascosta dalla sciarpa è una delle due donne sugli 850 operai che stanno costruendo, con fondi americani, la nuova centrale elettrica di Kabul. Ogni giorno viene al lavoro insieme a suo marito, Sahid. Ogni giorno riceve minacce di morte. "Sono le persone con cui lavoro. Sono anche Taliban certo, ma qualcuno qui dentro li aiuta", dice. Mentre parla arriva un sms, Wahida lo apre e poi mostra il telefono: "Vede? Anche ora. Dicono che mi uccideranno se continuo a lavorare. Ma io non mi fermo. Il nuovo Afghanistan ha bisogno delle sue donne. E i politici che parlano di dialogo con i Taliban dovrebbero ricordarselo".
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Poi ci sono le eccezioni, come Wahida e la sua collega. O come le poliziotte Malika e Dilbar. O le studentesse Roobina, Parveen e Lida. Ragazze forti, che studiano, lavorano e sperano nel futuro. Donne che oggi hanno un motivo in più per avere paura. Messo alle strette dall'approssimarsi della scadenza elettorale - il voto è previsto ad agosto - e dal calo di popolarità, il presidente Hamid Karzai è tornato a proporre nelle settimane scorse un accordo ai Taliban moderati.
Finora la proposta è stata rifiutata, ma molte qui in Afghanistan temono che prima o poi le trattative si apriranno, e che gli ex studenti di religione possano tornare sulla scena. I diritti delle donne, a quel punto, potrebbero diventare merce di scambio della partita politica, proprio come è accaduto nella valle pachistana dello Swat. E i pochi passi in avanti verrebbero cancellati.
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Ma a Kabul parlare è più semplice. La capitale è sempre stata il luogo più tollerante dell'Afghanistan e anche ora che le cose non sembrano volgere al meglio resta, per le donne, il posto più semplice dove vivere. Kunduz, nel nord, è un'altra storia: in quella che fu una delle ultime roccaforti Taliban a cedere nel 2001, solo uscire di casa a volto scoperto è una sfida.
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Malika ha scelto di sfidare i luoghi comuni in nome dei 100 dollari al mese del salario di poliziotta: sa che lavorare sarà difficile e sa che se, come si dice in giro, quelli che stavano con i Taliban torneranno al potere a Kunduz, per lei, che ha osato infrangere due barriere - schierandosi con la legge e mischiandosi con gli uomini - la vita diventerà un incubo. "Confido nel governo - dice timida - accetterò quello che faranno. Ma non posso credere che ci sacrificheranno, non di nuovo", aggiunge prima di andare via.
A Malika è meglio non dirlo, ma le sue parole non sono troppo diverse da quelle che le ragazze della valle dello Swat affidavano alla stampa internazionale qualche settimana fa. Poi il governo di Zardari ha deciso di cedere ai Taliban e di permettere che nell'area fosse introdotta la sharia in cambio di una tregua. E le donne hanno perso la voce.
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"Afghanistan: nuova legge autorizza lo stupro dei mariti"
KABUL - Malgrado l'intervento armato in Afghanistan, con l'Italia incaricata della ricostruzione del sistema giuridico del paese, il governo afgano ha recentemente votato una legge (ancora non pubblicata) che rappresenta un duro colpo ai diritti delle donne afgane. Secondo fonti delle Nazioni Unite, la nuova legge legalizza lo stupro del marito nei confronti della moglie, obbliga le donne a "concedersi" al marito senza opporre resistenza, vieta loro di uscire di casa, di cercare lavoro o anche di andare dal dottore senza il permesso del consorte e affida la custodia dei figli esclusivamente ai padri e ai nonni.
Insomma, rispetto al passato, poco o nulla sembra cambiare per le donne afgane. La mossa del governo rappresenta, secondo alcuni parlamentari contrari e molti gruppi umanitari, il tentativo del presidente Hamid Karzai di incassare il sostengo dei fondamentalisti islamici, in vista delle elezioni presidenziali di agosto. Secondo il quotidiano britannico Independent, il provvedimento di legge è frutto delle pressioni esercitate dall'Iran, che mantiene uno stretto legame con la minoranza sciita afgana.
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Ora qualcuno mi spiega cortesemente in Afghanistan cosa ci siamo andati a fare?!?