Siore e Siori ecco a voi Wikileaks, la Wikipedia dei segreti del mondo....
Wikileaks, velina online contro tutti. "E' tempo di disobbedienza civile"
di Paolo Pontoniere
LA Cina non è l'unico paese al mondo ad essere irritato dalle attività internet dei dissidenti politici. Negli Stati Uniti alla fine di giugno è stato bandito (e poi riaperto) Wikileaks, sito fondato dall'hacker australiano Julian Assange. Lo stesso sito che ha pubblicato di recente il video-denuncia con l'interrogatorio del sedicenne a Guantanamo.
Una sorta di "wikipedia della velina globale", il sito è stato concepito con l'intenzione manifesta di aiutare gli scontenti a far trapelare documenti riservati, segreti di stato, documenti top secret dei militari e i carteggi relativi a tutte le presunte attività illegali di governi, aziende, banche e organizzazioni religiose.
A far scattare le ritorsioni del sistema giuridico statunitense (nello specifico della corte federale della California), nei confronti di Wikileaks era stata la decisione di Assange di pubblicare una serie di documenti scottanti sulle attività di una banca privata svizzera. Il giudice californiano ha così deliberato che il sito meritava di essere delistato da ICANN. Questo ancora prima che l'intervento della Electronic Frontier Foundation e della ACLU, la American Civil Liberty Union, lo costringesse a rivedere la sua posizione.
L'indagine sulla banca rappresenta però solo l'ultimo anello d'una catena di azioni che hanno profondamente angustiato le autorità americane. Wikileaks era finito già da tempo nel mirino del governo USA, in particolare del Pentagono, per aver pubblicato una serie di documenti riservati che avevano fortemente imbarazzato le autorità. Primi fra tutti il manuale di istruzioni usato dai militari americani per interrogare i prigionieri di Guantanamo e una direttiva del Pentagono sulle regole di ingaggio delle truppe americane in Iraq.
Per un sito che è stato lanciato meno di 18 mesi fa, insomma, Wikileaks s'è creato in poco tempo una lista di nemici di dimensioni planetarie. Non solo il governo USA, ma anche quello keniota lo ha messo nel mirino. proprio sul Kenya Wikileaks aveva pubblicato, ancor prima di finire online, un rapporto - soppresso dalle autorità - che accusava l'amministrazione del presidente Daniel Arap Moi.
Wikileaks ha messo i piedi nel piatto anche su Scientology e Tom Cruise, con la pubblicazione di un gran numero di documenti interni della chiesa-setta fondata da Ron Hubbard. Un destino simile è toccato anche alla Church of Jesus Christ of the Latter Day Saints, quella dei mormoni, il quarto gruppo di ispirazione cristiana degli Stati Uniti. Ai militari britannici è invece toccato lo stesso destino di quelli USA, con la pubblicazione delle direttive di ingaggio in Iraq e Afghanistan, mentre per il Venezuela a finire sul sito è stato l'accordo segreto con il governo cubano per la costruzione di un collegamento diretto via fibra ottica tra le due nazioni.
Anche Hollywood non è sfuggita alle forche caudine di Assange. Prima hanno pubblicato il carteggio che è corso tra Wesley Snipes e le autorità tributarie americane (Snipes purtroppo finirà in carcere), e poi una versione iniziale della sceneggiatura dell'ultimo Indiana Jones.
Malgrado le storie pubblicate da Wikileaks abbiano spinto media come il New York Times e il Washington Post ad interessarsi maggiormente di Guantanamo e delle attività delle truppe in Iraq, non tutti i progressisti americani vedono di buon occhio il suo operato. Steven Aftergood, direttore del Secrecy Project della Federation of American Scientists e uno dei maggiori esperti statunitensi di terrorismo, spesso tra i critici più decisi del governo americano, pensa che Wikileaks stia sovvertendo le regole del vivere civile e che le sue soffiate, soprattutto sul funzionamento delle armi segrete statunitensi, facciano il gioco dei nemici dell'occidente.
Una critica questa alla quale Assuage risponde quotando il filosofo della politica filippino Walden Bello: "E' tempo di fare meno società civile e più disobbedienza civile". Per quanto possa apparire assurdo la forza di Wikileaks sta proprio nella sua segretezza. Il dominio è registrato a nome di un keniota che sa ben poco di chi lo faccia o dove si trovi il suo quartier generale. Assange vive da qualche parte in East-Africa e fa solo interviste sul web. Il server principale, che si trova in Svezia, è specchiato da altri server segreti sparsi in giro per il mondo, e così quando la corte federale statunitense ne aveva chiesto la chiusura i webnauti che inserivano il suo indirizzo IP continuavano comunque a collegarsi. Anche i tentativi di Scientology di bloccare alcuni documenti sulla base della difesa del copyright statunitense servono a poco. Non disponibili negli USA, i documenti saranno comunque visibili sugli altri server.
Insofferente alle critiche dei suoi detrattori, Assange conviene però che non tutto ha funzionato come sperava. L'intenzione degli ideatori di Wikileaks - tra i quali figura anche l'esperto di sicurezza Ben Laurie - era quella di creare una creative commons alla Wikipedia, nella quale il pubblico avrebbe pubblicato spiate di tutti i generi e verificato la consistenza dei documenti di supporto. Quest'aspetto non s'è manifestato nei termini sperati, e a parte i giornalisti e gli accademici, che analizzano e utilizzano quotidianamente il materiale pubblicato da Wikileaks, la "sollevazione" di popolo stenta ancora a realizzarsi.
Questo però non scoraggia Assange che invece, da tifoso del giornalismo d'assalto quale dice di essere, in questa fase di crisi dei media tradizionali suggerisce ai professionisti dell'informazione di usare il suo sito per rilanciare la loro reputazione di difensori dell'interesse pubblico. Casomai per abbonamento, visto che conta di trasformare il sito in una sorta di archivio dei progetti segreti, consultabile da giornalisti ed altri professionisti in cambio di una piccola sottoscrizione monetaria.
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