giovedì 31 luglio 2008

Beijing, ultimo capitolo: censurato anche il web.

Che dire, lo si poteva immaginare: ma credo che chi nel 2001 ha preso quella solenne cantonata che fu l'assegnazione alla Cina dei giochi olimpici del 2008 forse ora se ne sia definitivamente reso conto....
Eppure vorrei tanto andarci, provare a capire, provare a parlare con la gente anche se so che probabilmente non riuscirei a fare nulla di tutto ciò... Ma mi piacerebbe, per una volta, vedere al di là della cortina di fumo che mettono i regimi...

Dal sito di Repubblica.it:

A pochi giorni dal via, è diventato evidente l'intreccio di limitazioni alle libertà e di pesanti paletti all'informazione
PECHINO, I GIOCHI CENSURATI - LE MANCATE PROMESSE DEI CINESI
Cade così la speranza che le Olimpiadi potessero portare novità positive. Le vicende tibetane e le proteste sulla fiaccola hanno provocato arroccamento

dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

PECHINO - Il primo dicembre 2006, Pechino annunciava che di lì a poco sarebbero scomparse le ultime restrizioni sulla libertà di circolazione per noi giornalisti stranieri sul territorio della Repubblica Popolare. Il giorno dopo, nel descrivere quel provvedimento, scrivevo su Repubblica: "I Giochi del 2008 semineranno qualche germe di cambiamento in questa Cina". Quella previsione, ahimé, si è avverata nella direzione diametralmente opposta.

I reporter stranieri che arrivano in questi giorni, e che si aggiungono a noi corrispondenti permanenti per coprire le Olimpiadi, trovano una Cina per molti aspetti peggiorata dal 2006. Quello che colpisce subito i nuovi arrivati, naturalmente, è l'insopportabile groviglio di restrizioni alla nostra libertà. Non possiamo andare in Tibet. Non possiamo usare una webcam su Piazza Tienanmen, né in alcuno degli stadi olimpici. Non possiamo accedere a diversi siti Internet oscurati dalla censura.

Dietro questi limiti che ci colpiscono direttamente, c'è una situazione ben più drammatica per i cinesi. Rispetto alla tradizionale mancanza di libertà di informazione c'è stato un ulteriore arretramento. Proprio in vista dei Giochi il governo ha "ripulito" la capitale dei potenziali disturbatori dell'ordine: dagli immigrati che appartengono alle minoranze etniche tibetana e uigura, ai dissidenti, agli avvocati che difendono cause umanitarie. Alcuni di questi attivisti oggi sono agli arresti domiciliari per impedire che entrino in contatto con gli stranieri.

Che cos'è accaduto dunque perché le speranze accese nel dicembre 2006 si vanificassero così brutalmente? Gran parte della spiegazione sta negli avvenimenti tragici di questa primavera, che hanno colto la leadership cinese impreparata, e hanno provocato una reazione furibonda. La rivolta del Tibet a metà marzo, seguita dalle contestazioni contro la fiaccola olimpica a Londra, Parigi e San Francisco, hanno provocato un arroccamento. Il regime di Pechino ha vissuto improvvisamente un incubo: il rischio che questi Giochi con l'accresciuta visibilità che comportano, diventino un'occasione per un "processo virtuale" alla Cina, ai suoi abusi contro i diritti umani, ai suoi gravi ritardi sul terreno delle libertà individuali.

La reazione della nomenklatura ha fatto appello al riflesso condizionato del vittimismo nazionalista: il popolo cinese è stato chiamato a serrare i ranghi contro "l'offensiva" degli stranieri. In questo clima di unità nazionale, invocato per difendere l'immagine della Repubblica Popolare, gli spazi di tolleranza che si erano aperti negli ultimi anni si sono nuovamente ristretti. Ogni voce critica è catalogata come un "sabotatore" dei Giochi, un nemico della patria. La censura è tornata ad avere carta bianca.

Anche le maggiori libertà che erano state promesse a noi giornalisti stranieri sono state revocate, per effetto di questo clima. Ma le vere vittime non siamo noi: sono le tante voci di dissenso che negli ultimi anni avevano trovato nuovamente il coraggio di farsi sentire in Cina, e ora tacciono in attesa di tempi migliori. In attesa che passi la "nottata" dei Giochi, un avvenimento che paradossalmente ha fatto fare ai leader cinesi un grande balzo all'indietro.

Nessun commento: