venerdì 8 ottobre 2010

La politica dell'armonia cinese

IERI:

Silvio Berlusconi al TG1 a commento della visita del premier cinese Wen Jiabao: "Come noi, i governanti cinesi sono fautori della politica del fare e preferiscono affrontare i problemi concreti piuttosto che irrigidirsi su questioni di principio". Il presidente del Consiglio ha rivolto "un apprezzamento ammirato per quanto la Cina sta facendo sul piano internazionale. II primo ministro -ha continuato Berlusconi- la chiama la politica dell'armonia e in tutti i tavoli internazionali la Cina si presenta sempre con una voglia positiva di sedare tutti i contrasti e risolvere tutte le situazioni".

OGGI:
Ecco l'esempio della "politica del fare" cinese che affronta i problemi concreti e promuove la politica dell'armonia: il dissidente cinese Liu Xiaobo vince il premio Nobel per la pace, ed i primi provvedimenti del governo cinese quali sono? L'immediata interruzione della diretta della trasmissione della BBC ed il successivo invio della polizia a casa dalla moglie dell'uomo,che nel frattempo sta scontando una condanna ad 11 anni di carcere per «istigazione alla sovversione» con l'accusa  di essere tra i promotori di Carta08, il documento favorevole alla democrazia che è stato firmato da oltre duemila cittadini cinesi. 

Sono curioso di ascoltare cosa dirà il premier oggi e quale sarà il nuovo paese virtuoso da prendere ad esempio...

3 commenti:

Marianna ha detto...

A parte la facile (ma giusta) ironia, la Cina (attuale) è senza nessun dubbio un paese del fare.
In pochi decenni ha sollevato dalla miseria centinaia di milioni di persone, senza ricorrere a guerre, se non è "fare" questo... E non c'è modo di dimostrare che un governo democratico avrebbe saputo fare lo stesso.
Noi siamo sì un continente democratico, ma da alcuni secoli basato sullo sfruttamento del resto del mondo...

Gig ha detto...

La questione non è se il governo cinese sia un governo del fare o meno, ma quella sul rispetto dei diritti umani, calpestati per fare impunemente ciò che si vuole.

il continente democratico ha sfruttato gente per secoli, e continua ancora a farlo (anche se ora non si chiama più sfruttamento ma "delocalizzazione"...): resta il fatto che al suo interno ha maturato la coscienza dei suoi abitanti di avere dei diritti fondamentali e con questo di esigerne il rispetto.

Tutto questo purtroppo in Cina al momento non esiste, e si incarcera chi non la pensa come il Governo. Almeno in Europa questo non lo si fa più da un pezzo.

In quanto al sollevare dalla miseria centinaia di persone, io andrei più che altro a veder che vita sono costretti a fare i "sollevati" e quanti sono ancora quelli che nella miseria ci vivono sprofondati dentro: in Cina quelli che se la passano bene credo siano solo una ristretta elite.

Se avessero il diritto a parlare e fare proposte tutti, forse la situazione migliorerebbe un po'...

Marianna ha detto...

Ciao, rispondo non per contestarti ma per salutarti.
Il punto è che (a mio avviso) la democrazie è il frutto di condizioni ben precise. Se no, sarebbe esistita per tutta la storia, visto che l'idea era addirittura greca. Ma queste condizioni in Cina non esistono neanche alla lontana.

A noi la democrazia sembra forse l'ultima esperienza politica possibile? No, ne verranno altre, così come sono passate quelle precedenti. E per ognuna c'è il momento "maturo".
Se mi fai passare il paragone, è come se volessimo costringere un cane a comportarsi come un gatto, sotto minaccia di punizione.

In Cina c'è un sistema comunque coerente con un'evoluzione totalmente diversa dalla nostra. Per questo ritengo inutile raffrontarci con loro come se lo facessimo con sistemi a noi familiari.

SAluti