Leggetevi questo articolo tratto da Il Messaggero di oggi...
Così i leghisti sprecano denaro pubblico. Pressing per nuova provincia Valcamonica, capoluogo Breno: 5mila abitanti
MILANO (16 giugno) - Adesso il lampadario pende dal soffitto di Cà Corner sede dell’Amministrazione Provinciale di Venezia. Uno scintillante lampadario in vetro di Murano di cui la presidentessa leghista della Giunta va orgogliosissima: «Mica potevamo mettere un neon nella sede della Provincia» ha spiegato Francesca Zaccariotto. Come darle torto? Solo che, forse, non era il caso di spendere 9.240 euro di soldi pubblici per un lampadario. O no?
Molti leghisti sono fatti così: acchiappano voti urlando contro gli sprechi di “romaladrona”, ma quando tocca a loro gestire le casse degli Enti pubblici non badano a spese. Proprio la leghista Zaccariotto ne è un esempio fulgido. Appena eletta - un anno fa - decise di festeggiare la conquista di una Provincia da sempre in mano al centrosinistra (quella di Venezia appunto) con un bell’aumento di stipendio per sé e per gli assessori: «Abbiano ottemperato agli obblighi imposti dalla Corte dei Conti» si è giustificò. Peccato che la sua sia la sola Amministrazione ad aver “ottemperato”, incurante del fatto che l’aumento costa 43 mila euro l’anno, duecentomila sull’intero mandato.
Le Province sono il piatto forte del “buongoverno” leghista, ne presiedono una quindicina. Non a caso gli uomini di Bossi difendono la loro esistenza a dispetto di un programma elettorale che ne prevedeva l’abolizione, e continuano a volerne di nuove. Il Carroccio minacciò perfino l’uscita dal governo, a metà del decennio, se non fosse nata la Provincia di Monza. Fu accontentato malgrado il fatto che il solo parto dell’Ente succhiò quasi 50 milioni di euro. Ancora oggi, contro ogni logica di contenimento dei costi, il deputato leghista Caparini invoca l’istituzione della Provincia della Valcamonica guidata da una metropoli del calibro di Breno, cinquemila anime.
Il primo presidente di Provincia della storia leghista venne eletto nel ’98 a Treviso. Era un trentenne che faceva “pierre” per alcune discoteche, si chiamava Luca Zaia, poi diventato Ministro dell’Agricoltura e governatore del Veneto. Un pasdaran del taglio agli sprechi. Un anno prima di lasciare l’incarico, volle lasciare il suo segno imponendo la creazione di una nuova sede della Provincia, malgrado quella esistente fosse più che sufficiente. La sede è stata inaugurata nel novembre scorso: 80 milioni di euro per la ristrutturazione di un ex manicomio, fra cui spiccano investimenti degni di uno sceicco. Un tavolo da 13 mila euro per la sala riunioni, mezzo milione di euro per gli arredi, fino ai centomila euro fumati per l’inaugurazione. Andato via Zaia, il suo successore (sempre leghista) vuole essere all’altezza. Ha appena stanziato 200mila euro di spot sulle tv locali per promuovere le attività della Provincia. Quali?
Insomma, quando ci sono di mezzo i loro interessi i padani non si distinguono dal resto delle ”popolazioni italiche”. Fu proprio Bossi, un anno fa, a puntare i piedi per impedire che Elezioni Europee e Referendum sulla legge elettorale si svolgessero lo stesso giorno pur sapendo che lo scherzetto sarebbe costato allo Stato oltre 400 milioni di euro. Sempre Bossi fece fuoco e fiamme per spingere la Rai a finanziare il kolossal su Barbarossa del regista Martinelli. Doveva raccontare alle popolazioni padane la nascita della loro storia, si è rivelato una ”boiata pazzesca”, per dirla alla Fantozzi. Per dirla coi numeri: un flop clamoroso. Costato 30 milioni di euro (roba da Hollywood) ha incassato meno di un milione.
San Donà di Piave, Cornuda, Asolo, Bussolengo. Cos’hanno in comune? Sono cittadine venete dove nel 2009 si sono insediate giunte leghiste le quali, appena elette, hanno pensato bene di alzare le retribuzioni di sindaco e assessori. Chi del dieci per cento, chi del doppio (è il caso di Asolo). Lo stesso ha fatto la padana Elena Poma, primo cittadino di Stezzano (Bergamo). Al terzo giorno di mandato si è raddoppiata lo stipendio, da 1400 a 2800 euro al mese. Commentando così: «Me lo merito».
Non ha mai commentato nulla, invece, Fabio Rolfi assessore alla sicurezza del Comune di Brescia. Al pari dei altri suoi colleghi del Pdl, si è messo in mostra per lo spensierato utilizzo delle carte di credito affidate agli assessori bresciani per le spese di rappresentanza. In poco più di un anno Rolfi ha scialacquato 5 mila euro (per l’esattezza 4969,82) di cui quasi la metà in ristoranti. E se a qualcuno sembra poca cosa, sappia che in quattro anni la precedente giunta di centrosinistra aveva speso al completo (sindaco più assessori) 2000 euro in più di quelli spesi dal solo esponente della Lega in quattordici mesi.
Sempre a Brescia, un leghista doc come Daniele Molgora appena salito alla presidenza della Provincia (un anno fa) ha sforbiciato tutto quello che poteva sforbiciare. Tranne il suo progetto di creare una Orchestra di Brescia di cui si conoscono già i costi (duecentomila euro l’anno) e il nome del direttore: Enzo Rojatti, già direttore - guarda un po’ - della disciolta Orchestra della Padania.
Del resto, gli amministratori leghisti non badano a spese se c’è di mezzo la ”cultura padana”. Dal film su Barbarossa (come abbiamo visto) alla più piccola sagra. In Veneto il Comune di Paese ha recentemente organizzato due feste popolari poi rivelatesi feste parapadane alla modica cifra di 100 mila euro, compreso un opuscolo in cui si inneggia con tanto di maxi-foto alle doti di leghisti come Zaia e il sindaco di Verona, Tosi. Ne hanno spesi molti di meno al Comune di Cantù (Como): appena 9 mila euro per una festa celtica. Con due controindicazioni: che Cantù è uno di quei Comuni con le finanze alla canna del gas, e che la celebrata festa celtica svoltasi domenica scorsa ha raccolto meno di trenta persone. Anche gli elettori leghisti - la maggioranza in paese - l’hanno disertata.
Nessun commento:
Posta un commento