lunedì 1 marzo 2010

Piccolo racconto per lo sciopero degli immigrati

Dedicato allo sciopero degli immigrati di oggi, un piccolo raccontino scritto la volo in un'andata Pavia-Milano.

Il bagno rotto della coalizione verde

“Abbiamo vinto! Questa data verrà scolpita negli annali della nazione! Finalmente l’Italia è di nuovo degli italiani!”. L’applauso che seguì alla dichiarazione del leader della coalizione verde nella piccola sala fu scrosciante. Il giorno prima era partita dal porto di Taranto l’ultima nave degli immigrati, espatriati in fretta e furia dall’Italia: nessuno di loro era rimasto, secondo quanto si diceva in giro, e la Patria era finalmente tornata libera. Era il momento di festeggiare. “Ora nessuno ci può fermare”, urlò dal fondo della sala Maneschini, e i quadri dirigenti del partito gli fecero giungere l’ennesimo applauso. In fondo, dopotutto, era tutto merito suo se si era finalmente giunti alla liberazione del suolo natio.

Piccolo sindaco di una ridente cittadina del Nordest industriale, Maneschini aveva aderito anima e corpo alla missione di far sloggiare i “bingo bongo”, come li chiamava anche nei comizi di piazza. “Colpevoli di furto di lavoro, sfruttamento delle risorse della nazione e parassitismo”, era stata la sentenza inappellabile. E così si era dato da fare per correggere la situazione. Per far sloggiare gli immigrati prima aveva tolto dalla sua città le panchine dove questi erano soliti sedersi. Poi gli alberi nei parchi sotto la cui ombra i cittadini extracomunitari si accampavano nei giorni della calura estiva. Nella sua marcia aveva fatto togliere persino i gradini dei sagrati delle chiese, dove i “bingo bongo” ancora si ostinavano a campeggiare nonostante le ordinanze, con la scusa di pulizie straordinarie per il decoro urbano. Ma il colpo di genio gli era venuto in quel consiglio comunale protrattosi fino a tardi, dove sull’onda dell’indignazione popolare contro le bestemmie imperanti nei campi da calcio e un po’ in tutti i luoghi era riuscito con l’appoggio di tutti, diocesi compresa, a far passare un’ordinanza che proibiva le bestemmie in tutto il territorio cittadino. Approfittando dell’ora tarda e del fatto che tutti avevano solo voglia di andare a casa, era riuscito a far passare l’emendamento che inseriva tra le “parole proibite” anche i 99 nomi del Dio venerato dalla maggioranza di loro. Senza un mediatore culturale che fosse in grado di spiegare cosa significassero quelle strane parole in quella lingua sconosciuta, il provvedimento era passato senza problemi.

Il caos era scoppiato quando la cosa era stata resa nota un paio di giorni più tardi da un redattore di un piccolo giornale locale. Immediatamente infatti nei quartieri ad alta concentrazione di stranieri era scoppiata la rivolta: macchine ribaltate, slogan contro il governo, violenza nelle strade erano dilagate in poche ore. Ma era quello che Maneschini stava aspettando. Scendendo in strada nell’ennesimo comizio spiegò alla gente che era a rischio la loro libertà, assieme alla loro sicurezza: poteva forse la ridente cittadina del Nordest soccombere davanti ad un pugno di “bingo bongo”? La repressione della polizia e delle squadre di cittadini create per l’occasione era stata violenta, e così la risposta degli immigrati, che alla fine erano stati tutti incarcerati e direttamente espulsi. L’indignazione aveva sollevato proteste nelle comunità di tutta Italia, dando il via ad analoghe esplosioni in molte città. Così quando Maneschini, candidato nazionale alle elezioni che cadevano giusto in quel periodo, aveva lanciato il suo programma per ripulire le strade da “quei facinorosi” che era già stato applicato con quel grande successo nella sua città, le masse spaventate avevano aderito in massa. E si era dato il via ai rastrellamenti, ai sequestri, alle incarcerazioni ed alle espulsioni. Fino all’ultima, il giorno prima, che aveva finalmente decretato la liberazione del suolo patrio.

La coalizione verde durante le votazioni a ridosso delle proteste aveva ottenuto un successo elettorale grandissimo, e per tre anni non ci sarebbero state più elezioni. Era fatta. E quel giorno, nel palazzo di marmo della capitale, si festeggiava, bevendo allegramente dell’italico vino. Anche il giovane deputato Nicola Pasotto aveva festeggiato, forse un po’ troppo. Era stato eletto a sorpresa sulla scia del grande successo della coalizione: il suo era uno degli ultimi posti in lista, ed il suo nome era stato inserito giusto per coprire il buco. A sorpresa invece sulla scia dei tantissimi voti raccolti era stato eletto anche lui, finendo a festeggiare con gli altri in quella piccola sala. Ma ora il vino richiedeva il suo tributo con un passaggio al bagno.

Pochi minuti dopo era rientrato in sala. “Il bagno è rotto - annunciò ai colleghi, timoroso di prese in giro per l’affermazione quasi ridicola - Dove si può andare per fare pipì?”.”E’ ancora rotto quel cesso di m***? – eruppe il corpulento collega Guadagnoni – Non doveva venire qualcuno della ditta di Pini a ripararlo?”. “Pini l’hanno ingabbiato ieri – disse qualcuno dal fondo della sala – Aveva tutti gli operai clandestini in nero e con le espulsioni è finito rovinato”
“Bene!”
“Bravo!”
“Giusto così: la cricca che fa affari con i bingo bongo in galera come merita!”

“Sì – disse Pasotto – ma ora il bagno chi lo aggiusta?”
“Chiama quell’altro, come si chiama… quello che andava anche dagli azzurri…”
“Ha chiuso anche lui. I suoi operai italiani dovevano lavorare il triplo e gli hanno chiesto più paga. Quello li ha mandati a farsi fottere ed è scappato con i soldi in Brasile”.
“Grande! In Brasile?”
“Fenomeno!”

“E Perfetti? Quello lavorava con gli italiani!”
“Ha detto che prima di due settimane non riesce ha passare. Ha ereditato talmente tanto di quel lavoro da fare con gli appalti delle ricostruzioni dopo i disordini che è pieno fino al collo. Dice che non ha tempo per un misero cesso, e che gli chiedono già fin troppi interventi così! Non ce la fa più, e nemmeno gli altri che sono rimasti. Dice che vi tocca tenervelo così”.
Non è possibile – sbraitò qualcuno – siamo la grande coalizione verde, i vincitori, i salvatori dell’Italia, e non abbiamo un cesso che funzioni? Pasotto, pensaci tu! Chiama un po’ di gente e vedi di far arrivare qualcuno”.

Pasotto allora prese il cellulare, e si mise a fare un po’ di telefonate. Per risolvere il problema pipì decise nel frattempo di scendere al bar del corso. Al bancone c’era una coda interminabile: i due baristi stranieri erano stati portati via due giorni prima, ed anche il filippino che lavava le tazzine e puliva i pavimenti. Così c’era una coda incredibile ed un pavimento sporco come poche volte aveva visto in vita sua. E la gente si lamentava.

Decise di cambiare bar. Ma la scena era la stessa. E anche per strada la gente si lamentava. Nei supermercati non c’era la verdura perché dicevano che nessuno giù la raccoglieva più, e nessuno passava a pulire per strada i resti dei disordini dei giorni prima. La stampa non arrivava più perché nessuno la distribuiva, e circolava la voce che i prezzi delle case stessero salendo a dismisura, perché con la carenza di operai dopo che tutti se ne erano andati nessuno ne avrebbe costruite di nuove per un pezzo. I vecchietti nei parchi erano timorosi per le proprie pensioni: chi le avrebbe pagate ora che i soldi che arrivavano dai bingo bongo non c’erano più? E si lamentavano di dover fare tutto da soli in casa, ora che le badanti erano sparite tutte all’improvviso.

Pasotto dimenticò il bisogno fisico e tornò di corsa nella sala. “Forse abbiamo fatto male i conti”, disse.
La platea lo guardò ammutolita, leggermente brilla dal troppo vino. Pasotto raccontò a tutti ciò che aveva sentito per strada. “Quanti bagni ci sono in Italia?”, disse. Ma gli altri continuavano a non capire.
“Quanta gente si sta lamentando ora come noi? E il numero crescerà! La gente prima o poi cercherà un colpevole per la propria pensione, la propria casa che va in rovina perché non ci sono i muratori, i vecchietti abbandonati perché no ci sono più le badanti a cui alla gente toccherà badare. E chi troverà? Noi”.

Qualcuno iniziò a sbiancare. “E non ci saranno elezioni per i prossimi tre anni…”
“…in cui questi problemi li dovremo risolvere noi” completò Pasotto.
“E come?” proruppe Maneschini. “E’ un megacasino! Dove lo trovo io uno che faccia il badante o aggiusti i cessi degli elettori? Io sono un uomo d’azione!”.
“Non si può scaricare su nessuno?”
“Minchia, abbiamo fatto un gran casino….”
“Non ci avevo pensato…”
“E ora che facciamo?”

Calma – proruppe di nuovo Maneschini – ci serve solo un nuovo nemico comune”.
“E chi?”
“Sì, ora i bingo bongo non ci sono più…”
“Lasciatemi pensare”.

“I pensionati?”
“No, troppi voti… Le prossime elezioni siamo spacciati…”
“Le casalinghe?”
“Prendono le pensioni, non fanno niente… potrebbe andare…”
“Ma votano!”
“Cazzo!”
“I meridionali!”
“No, li abbiamo già usati. Non funzionano”
“Cazzo, cazzo, cazzo…”

Gli studenti!”
“Eh?”
“Gli studenti! Sono tanti, non votano e non fanno niente per la società! Si drogano, fumano e non fanno altro che rincoglionirsi con Playstation e tv! Si potrebbe proporre di mandarli a lavorare prima per il bene del paese!”
“Potrebbe andare! E se protestano?”
“Spieghi agli adulti che nessuno gli paga più le pensioni e li sostiene economicamente. E poi convinci gli imprenditori che essendo senza esperienza magari li possono anche pagare un po’ meno… in fondo son giovani, si adattano!”
“E non studia più nessuno?”
“Fino ai 14 anni si studia! Dopo, tutti a lavorare! Il tirocinio, la scuola che forma!”
“Bello: mi piace!”
“Tanto, per pensare ci siamo noi!”
“Sì, mi hai convinto!”

Pasotto provò ad intromettersi:
“Ma se li mandiamo subito a lavorare, non studieranno abbastanza! E perderemo un sacco di potenzialità per il Paese!”
“Pasotto, sei giovane, non capisci”.
“Pasotto,sei qui perché sei stato eletto per un colpo di culo. Che vuoi?”
“Chi farà il medico? Chi l’ingegnere, se nessuno studia abbastanza?”
“Pasotto, non rompere i coglioni!”
“Ce ne sono fin troppi di medici!”
“E le università?”
“Pasotto, non fanno altro che rubare soldi allo Stato!”
“Così diamo un colpo anche ai rettori-baroni! Sai che pubblicità?”

“Non mi sembra una grande idea…”
Maneschini si alzò, e si piantò dritto davanti a Pasotto
“Lo aggiusti tu il cesso?”
“Eh?”
“Ho detto: LO AGGIUSTI TU IL CESSO?
“Io non so aggiustare un bagno!”

“E io neanche. E’ questo il punto. Vedi Pasotto, io non sono arrivato qui per aggiustare un bagno. E neanche tu. Noi siamo qui per governare, per fare le scelte giuste, per portare la gente dove vuole andare: non possiamo certo passare le nostre giornate con chiavi inglesi e trapani. Il nostro compito è dire chi lo debba fare. Scegliere qualcuno, per il bene di tutti. Qualcuno deve aggiustare quel cazzo di bagno, qualcuno deve raccogliere i pomodori, qualcuno deve spazzare le strade: è la vita. Ognuno al suo posto per il bene di tutti. Se la gente non protesta, allora va tutto bene. Dobbiamo scontentare qualcuno per farne felici tanti. Se no, tutto il nostro lavoro fatto fino ad ora sarebbe sprecato. Non possiamo andarcene dal Governo ora. Abbiamo ancora tanto da fare, e la gente aspetta di sapere cose fare dalle nostre bocche. Dobbiamo dare una linea comune, esprimere compattezza, dare l’idea di essere uniti e sicuri! Tutti, nessuno escluso: non possiamo permettercelo in momenti come questi…chi non la pensa come noi, non può sedere a governare con noi. Capisci ora, Pasotto?

Abbassò gli occhi.
“Sì, capisco…”
“Bene, bravo Pasotto! Ora va di là e chiama Perfetti: digli che se non manda subito qualcuno lo escludo da qualsiasi ristrutturazione anche solo di una piastrella in tutto il territorio nazionale. E che cazzo! Così si fa, vedi Pasotto?”

Pasotto si diresse lentamente verso la porta, ricordando le parole che gli aveva urlato uno degli ultimi immigrati fatti salire a forza sulla nave il giorno prima: “Oggi lo fanno a noi, ma domani a chi toccherà? Chi riempirà il nostro vuoto quando non ci saremo più?”.
Mentre imboccava la porta per uscire dalla sala, udì distintamente la voce di Maneschini troneggiare in mezzo alla sala.
“Siamo la grande coalizione verde, cazzo! Non ci faremo mica metter sotto da due bingo bongo e da un cesso rotto!”

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PS: nomi e riferimenti del testo sono ovviamente casuali, e scelti a random dall'autore. Chi ci si riconosce, sono fatti suoi. Dedicato a "Lampadina" Mustafà, Ahmed, Hassan, Malik, Silla e a tutti i venditori ambulanti che hanno passato almeno un'estate a Punta Marina/Marina di Ravenna, a tutti gli immigrati che si sono lasciati intervistare dal sottoscritto una volta nella vita, a tutti quelli che incontro ogni giorno, più o meno fortunati di me, ai peruviani ed ai cingalesi che Dio solo sa come fanno ma ridono sempre, e a tutti gli altri che sono in viaggio da e per L'Italia o per qualsiasi altro paese in questo momento. A tutti voi, buon vento e buona fortuna.

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