Tutte le proteste hanno un simbolo. E per me oggi al San Matteo è stata una bambina di 2, forse 3 anni con il vestitino rosa, che dal basso, a fianco della mamma e della Polizia, chiamava il papà arrampicato su un tetto perché scendesse da lei. "Papà, scendi!", diceva. "Papà non può, amore - rispondeva da sopra il papà, con voce a metà tra il tono deciso delle grandi occasioni e il titubante, quasi tremolo -. Papà non può, adesso". "Perché non scendi?", insisteva la figlia. "Papà non può, amore". "Perché?".
Ma come fai a spiegare a tua figlia, che ti vuole lì accanto a lei per andare a pranzo come sempre, che sei a guardarla da un tetto perché vuoi difendere il tuo lavoro e il tuo salario (che vogliono tagliare del 20%)? Come fai a spiegarle che stai lì in alto sotto il sole proprio perché quel pranzo di ogni giorno vuoi continuare a garantirglielo? Come fai a spiegarle che non scendi per giocare con lei perché oggi stai giocando in giochi molto più grandi di te, dove sei solo una casella alla voce "tagliare" e poco altro?. E' dura, impossibile gridando da 10 metri di altezza: e infatti papà non ce l'ha fatta, a spiegarlo. Dopo pochi minuti la bimba è andata via piangendo, accompagnata dalla mamma, e chiedendo a lei perché il papà cattivo non volesse venire da lei nonostante le sue chiamate.
Da papà a papà però, operaio sul tetto, posso dire che ti capisco, e - chiamatela sedizione, o umana comprensione, o quel che volete - un po' ti ammiro. E spero che tu riesca a vedere e salvare questa foto, e mostrarla a tua figlia un domani, quando potrà capire. Perché possa rimpiazzare i pianti di oggi con i suoi sorrisi di domani, quando vedendo questa foto anziché pensare "papà non è sceso" possa dire orgogliosa ai compagni e agli amici "Quello in alto è il mio papà. Che non è sceso, e l'ha fatto per me".