giovedì 15 novembre 2007

Sembra ieri...

Giusto un anno fa: dal blog " Il Corriere della Serra", un piccolo post che riporto interamente.


GIORNALISMO E PRECARIATO: ASPETTIAMO ALMENO UNA RISPOSTA


Settembre 20, 2006

Se il precariato sembra essere la malattia del 2000, nel settore dell’informazione il problema è ancora più forte e sembra strano notare che solamente adesso la questione cominci a venire a galla. Se ne parla, sì, ma non si sentono proposte per affrontare concretamente un problema che è serio.


Il recente dibattito sugli stagisti lascia ancor più la sensazione che non si voglia affrontare il problema in modo reale e concreto, se si è addirittura arrivati a specificare che “finito lo stage i ragazzi tornano nelle loro scuole”.

I master, che negli ultimi anni sembrano nascere come funghi, hanno sempre più l’aspetto di specchietti per le allodole. Attirano grandi quantità di giovani, che per iscriversi devono prima superare degli esami di ammissione, pagano fior di quattrini, frequentano otto ore al giorno le lezioni, lavorano in redazioni, grandi o piccole che siano, e affrontano l’esame di Stato per poi finire nella massa di disoccupati.


Eppure la soluzione non può essere quella di chiudere le scuole, chiudere l’accesso alla professione, far sì che da oggi in poi non si possa più neanche aspirare alla professione.

Si dovrebbe forse intervenire sulle aziende stesse, cercando di favorire l’accesso nei giornali di nuove leve che dimostrino di amare la professione e avere le qualità per svolgerla. Lo stage dovrebbe essere un reale banco di prova, oltre che un modo per imparare il lavoro sul campo, che permetta a chi mostri di avere le qualità di continuare a lavorare, sia pure come collaboratore o come libero professionista. Invece lo stagista è diventato solamente un tappabuchi o addirittura una figura che a stento si sopporta e si accetta. Spesso visto come pericoloso concorrente e non come una persona che vorrebbero imparare e lavorare.


Non è questo il modo di gestire l’accesso alla professione, tantomeno di risolvere il problema della disoccupazione e del precariato. Si vede, in determinate soluzioni che vengono proposte, soltanto la paura di perdere i propri privilegi, la propria posizione, ma si evita di pensare a una reale e concreta soluzione.


Il problema non può poi essere ridotto solo a disoccupati e precari iscritti all’Ordine. Riguarda, invece, un maggior numero di persone, quelle che a causa del precariato non sono riuscite neanche a prendere il tesserino. Precari, per la maggior parte dell’anno disoccupati, e per di più senza diritti. Non si può non pensare anche a questo, significherebbe prendere in esame una parte sola del problema e non analizzarlo nella sua complessità. Risulta condivisibile la posizione di chi chiede di “mettere ancora una volta gli editori di fronte alle loro gravi responsabilità e sollecitare il Governo a una presa di coscienza sull’urgenza di una soluzione complessiva”, ma ancora una volta si aspetta di capire “come” si intende agire, quali sono le proposte e,soprattutto, aspettiamo risposte.

One comment to “Giornalismo e precariato: aspettiamo almeno una proposta”

è una questione gravissima, e sottovalutata dai non addetti ai lavori e anche da molti addetti ai lavori. I problemi sono:

-miopia degli editori e allo stesso tempo una strategia di compressione delle spese e del numero dei giornalisti

-sostituzione di lavoro dipendente con lavoro precario in forme che farebbero impallidire i call center.

-oscurità delle vie dell’accesso alla professione che avvengono per cooptazione e raccomandazione. come ricorda mario tedeschini lalli, i giornali americani, quando hanno bisogno di giornalisti, pubblicano annunci sui propri giornali, per esempio. e leggono i curriculum.

-sostanziale inutilità di master e scuole che tutt’al più procurano collaborazioni. Il tesserino da professionista, dopo, può anche divenire un peso.

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