venerdì 11 aprile 2008

Milano, record di maschi depressi.

Uao, che bello! Dal sito de "La Repubblica" di Milano...

Quest'estate andrò giusto a lavorare lì per l'ultimo stage del master... :-) L'ultima volta che ci sono andato in effetti ero ancora parte di una coppia, o almeno così credevo: poi sono tornato da solo... Uè, và che fortuna che mi porta Milàn! :-)

Milano, record di maschi depressi

È il record nazionale. Pesano carriera e famiglia, il crollo tra i 30 e i 40 anni. Il 3% degli uomini colpito dalla malattia contro il 2,5 di Roma e il 2 di Palermo. La crisi quando si lascia il guscio protettivo dei genitori. Se la situazione degenera spesso si preferisce l´automedicazione, e dallo psichiatra si arriva a patologia avanzata.

di Laura Asnaghi

Andrea, trent´anni, una carriera da manager, non ci voleva credere. «Io depresso? Vi sbagliate. È solo stress. Mi prendo un weekend di pausa e torno come prima». Ma il fine settimana al mare non è servito a migliorare l´umore di Andrea. Lui, che era sempre stato uno studente modello della Bocconi, dopo qualche anno di lavoro ai vertici di grandi aziende multinazionali si era logorato. Perdeva la calma per un nonnulla, tirava pugni sulla scrivania e, in auto, diventava una belva se qualcuno davanti a lui andava troppo lento.

La storia di Andrea, che oggi è in cura al Fatebenefratelli, è quella che accomuna molti giovani milanesi travolti dalla depressione, malattia che, di solito, si pensa sia solo un dramma che riguarda le donne. Ma non è così. Secondo le ultime statistiche mediche a Milano il "male di vivere" colpisce almeno 60mila donne mentre gli uomini depressi sono più di 26mila. «Certo le donne sono più numerose ma l´incidenza della depressione tra i maschi è in forte crescita» spiega Claudio Mencacci, primario di psichiatria al Fatebenefratelli.

La depressione in chiave maschile sarà uno dei temi centrali di un convegno, "La prevenzione in psichiatria", che si tiene a Sondrio, in Valtellina, da oggi fino a domenica. Milano guida la classifica delle città italiane più esposte al rischio di depressione tra i maschi con il 3 per cento dei malati, pari a 26 mila casi. Al secondo posto c´è Torino con il 2,8 per cento e 21.500 pazienti, al terzo posto si colloca Roma con il 2,5 per cento e 47.500 depressi. Seguono Napoli con il 2,4 per cento di malati (pari a 20mila casi) e Palermo con il 2 per cento (14mila casi).

Ma perché Milano detiene il primato? «Qui ci sono condizioni ambientali che rendono la vita più dura - spiega Mencacci - spesso si pretende dai maschi di essere dei professionisti Superman, brillanti e capaci. Ma oltre alla carriera si richiedono performance d´alto livello anche sul fronte familiare. Non tutti reggono la sfida». Così l´ansia cresce e la paura di non essere all´altezza della situazione si traduce prima in disagio e poi in malattia vera e propria.

Chi ne soffre di più sono i maschi, dai 30 ai 40 anni, nel pieno della loro carriera. «Per alcuni uomini riuscire a fronteggiare tutte queste sfide diventa uno sforzo intollerabile - spiega Mencacci - molti diventano cupi, irascibili e il loro malumore spesso degenera in quello che noi medici definiamo "la caduta della performance" che significa difficoltà a concentrarsi nel lavoro e disinteresse verso la famiglia e la vita». Ma i maschi, a differenza delle femmine, non ricorrono subito ai medici. Anzi, se ne tengono ben alla larga. «Prima di trovare il coraggio di farsi curare passano mesi - ricorda Mencacci - c´è chi si auto-prescrive farmaci contro l´ansia, chi si rifugia nell´alcol e chi non trova più neanche la forza di uscire di casa».

Risultato: quando i maschi si arrendono all´evidenza e bussano alla porta di uno psichiatra la loro malattia è a uno stadio avanzato. «Le cure sono a base di farmaci, psicoterapia e, se possibile, sport - conclude Mencacci - perché il calcio, il tennis o lo sci aiutano a ritrovare la voglia di vivere. Dalla depressione si esce ma il cammino è lungo. Soprattutto per i maschi: proprio perché fanno di tutto per evitare di ammettere di aver bisogno d´aiuto».

3 commenti:

Anonimo ha detto...

EVVAAAI!
Finalmente qualcuno ammette che Milano non è facilissima da "vivere"... e che sì, può causare depressione.
Almeno adesso non mi prenderanno più per deficiente, quando dico che la odio e mi intristisce... :-)

bea

Gig ha detto...

Odiarla no, perchè in quei due mesi che sono stato lì me la sono anche passata, vedendo posti belli e conoscendo persone fantastiche.

Il difficile a Milano credo sia rimanere ancorati a sè stessi, ai propri ritmi, sogni ed idee senza farsi "travolgere" dal caos che impera ovunque.

Il "Lavoro-pago-pretendo" come slogan imperante, il traffico dove tutti devono arrivare per primi anche se non sanno dove e perchè, in macchina come per strada, tutti quei posti dove "l'abito fa il monaco", come scopri quando chiedi per usare il bagno di un bar alle colonne di S. Lorenzo, e l'apparire che è più importante dell'essere... I mali peggiori di Milano secondo me in fondo sono questi...

Ma Milano era, è, e probabilmente sarà sempre anche il parco sotto casa dove andare la domenica a far nulla se non prendere il sole, il locale sempre aperto che trovi a qualsiasi ora, il mescolio di gente e di razze che vedi nella metro a qualsiasi ora. Milano è la birreria nascosta alle stesse colonne di S.Lorenzo dove una Beck's si paga solo 1,50 euro, è il bagno all'Idroscalo il giorno di Ferragosto dove sembra di tornare indietro di 50 anni perchè sei solo tu e gente di altri continenti, è il festival o il concerto dove puoi sempre andare (anche perchè se te la giochi bene da giornalista non paghi quasi mai.. :)

Milano era anche un portone dove andare finito di lavorare, qualsiasi giorno e qualsiasi ora per rubare un bacio, una passeggiata per librerie in Buenos Aires, una cioccolata calda da Viel all'una di notte tornando con quel benedetto Radiobus (che però se non lo prenoti prima non lo trovi mai), un tram sferragliante preso per rubare un'ora di solitudine a Bresso, e tante altre cose che sono state e probabilmente non torneranno.

Milano è tanti pensieri e tanti posti, belli o brutti, dove andrò o dove viceversa non tornerò più.

Ma resterà sempre una città dove tornerò a fare un salto volentieri. Ad odiarla non ci riesco, perchè anche se mi ha tolto tanto altrettanto mi ha dato, o almeno credo.

Rabbia, rimpianti, sogni, illusioni, fughe, lacrime, persone, sorrisi, indifferenza, albe, tramonti, smog, caos, calma, silenzio, pietre, asfalto, folla,traffico, rumore, solitudini, chiacchiere, e caffè e birra e tante cose.

Ma odio no.

Anche se è una città dove non potrei mai passare una vita intera.

Anonimo ha detto...

...
in ogni caso, non intendevo essere categorica. Meglio, lo sono, ma solo per quel che mi riguarda.
Io da quella città ero rimasta schiacciata, anni fa, e ogni volta che ci tornavo mi sentivo soffocare da tristezza e solitudine.
Anche adesso che ci vado tutti i giorni, scendo dal treno e mi sento in trappola... non posso farci niente, io la odio perchè non riesco a far sì che mi sia indifferente. Ma capisco che altri se ne possano innamorare...

bea