Questo articolo è stato realizzato con la collaborazione del Co.Re.Ri. e in particolare di Anna Fava
Scuotono la testa. Cercano di capire quello che hanno di fronte, perché gli sembra incredibile. Di fronte al triste e terribile spettacolo dei rifiuti urbani indifferenziati ammassati a Ferrandelle. Migliaia di tonnellate non differenziate e non trattate lasciate sui piazzali all’aperto fra i gabbiani e le ruspe. O di fronte ai corsi d’acqua dei Regi Lagni, lungo i cui margini vengono sversati quotidianamente tonnellate di rifiuti tossici provenienti dal nord Italia, che le piene portano via fino al mare. Scuotono la testa e parlano tra di loro a bassa voce i giornalisti della stampa estera che hanno partecipato allo “Spazzatour 2”, organizzato dal Co. Re. Ri, il Coordinamento Regionale dei Rifiuti della Campania, che li ha portati in giro per le provincie di Napoli e Caserta a vedere da vicino come il problema rifiuti sia ben lontano dall’essere risolto. Una cartolina quella delle strade di Napoli libera dalla “munnezza” che serve a nascondere sotto un gigantesco tappeto inefficienze e collusioni di una classe dirigente che sulla Campania vuole stendere un velo velenoso di silenzio perché tutto possa continuare come prima, come negli ultimi quarant’anni.
Tossico? Si grazie
Una situazione che si è ulteriormente aggravata da quando è stato dichiarato lo stato di “emergenza” nel 1994. Oggi su questa stessa zona insistono anche numerose discariche “legali”, costruite spesso sopra gli stessi siti di sversamento della camorra: rifiuti urbani mischiati a rifiuti tossici. C’è la discarica di Lo Uttaro, dove in un video il capocantiere dichiara candidamente che la discarica del commissariato è stata costruita sopra una discarica illegale di rifiuti tossici; c’è Ferrandelle, al momento chiusa, in cui sono stati ammassati milioni di tonnellate di rifiuti dell’emergenza 2008; ci sono quelle di San Tammaro, “Maruzzella” 1, 2 e 3, quelle di Villaricca, di Taverna del Re, c’è la discarica di Chiaiano, realizzata su migliaia di tonnellate di amianto scaricate illegalmente, e al momento chiusa a causa di una frana che ne ha fatto crollare le pareti interne; c’è poi l’inceneritore di Acerra, che è stato temporaneamente chiuso per problemi tecnici interni, e che già in fase di collaudo ha prodotto continui superamenti del limite massimo di emissioni nocive. E poi ci sono le discariche del beneventano, con Savignano che straripa percolato nei campi ogni volta che piove, c’è Sant’Arcangelo Trimonte con le sue frane, c’è Macchia Soprana che stilla percolato nell’oasi regionale della Piana del Sele, e tante altre enormi discariche che sebbene chiuse continuano a rilasciare percolato nelle falde acquifere. Percolato che si mischia ai rifiuti tossici sversati fuori e dentro le discariche
Cartoline amare
Ma se i rifiuti non sono stati differenziati e l’inceneritore di Acerra è fermo, dove è finita l’emergenza? Più semplicemente i rifiuti tal quale sono stati spostati lontano dal centro città, nel cuore delle campagne, parafrasando si potrebbe dire “naso non sente, cuore non duole”. Così mentre il premier Silvio Berlusconi si lasciava andare a dichiarazioni trionfali sulla capacità di affrontare la crisi e spendeva parole di elogio – «i nostri eroi» – per il management di Impregilo, le ruspe spianavano enormi territori agricoli per far posto ai rifiuti, solo poche decine di chilometri più in là.Nascevano quindi dei veri e propri “mostri” ecologici non attrezzati né messi in sicurezza, come dimostrano i continui straripamenti di percolato, una sostanza tossica prodotta dalla compressione dei rifiuti indifferenziati quando vengono accatastati gli uni sugli altri e spesso mischiata nelle discariche campane a fanghi industriali e altri tipi di rifiuti tossici. Ma la tipologia di rifiuto che si può ammirare a vista d’occhio lungo i venti ettari del “sito di stoccaggio provvisorio” di Ferrandelle, oppure quello di “Maruzzella 3”, che si trova a poche centinaia di metri dal primo, è un’interminabile distesa di rifiuto “tal quale”, ammassato senza alcun criterio e spesso lasciato all’aria aperta, all’appetito dei gabbiani e di altri animali. Ma non è finita. Nella stessa area dovrebbe sorgere l’inceneritore di Santa Maria la Fossa, su cui altre dichiarazioni del pentito Gaetano Vassallo gettano una luce ancor più inquietante: “I Casalesi avevano deciso di realizzare il termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa. Cosentino (sottosegretario all’economia e probabile candidato alle prossime elezioni regionali in Campania), mi disse che si era dovuto adeguare alle scelte fatte ed avvantaggiare solo il gruppo Schiavone nella gestione dell’affare”.
Silenzio in aula
Durante il processo, attraverso le testimonianze e le deposizioni del consulente della Procura di Napoli, Paolo Rabitti, che sull’argomento ha scritto il libro “Ecoballe”, è emerso un quadro piuttosto chiaro. Secondo l’accusa, infatti, la Impregilo, e le società collegate Fibe e Fisia, si aggiudicano la gara di appalto per la gestione dei rifiuti non solo con l’offerta tecnologicamente più scarsa, ma con ben chiaro il progetto di non realizzare mai la raccolta differenziata e destinare tutti i rifiuti all’incenerimento.
Ecco perché Impregilo, sempre secondo l’accusa, realizza degli impianti di trattamento per i rifiuti, i famosi CDR, che non sarebbero mai stati in grado di effettuare una corretta separazione dei rifiuti, ma erano costruiti per ottenere la maggiore quantità possibile di rifiuti da trasformare in ecoballe. Ma la magistratura sequestra gli impianti e nega la possibilità di bruciare le ecoballe che vengono giudicate non a norma. A questo punto interviene il miracolo: col decreto 90 del maggio 2008 si legalizza la possibilità di bruciare nell’inceneritore non solo le ecoballe non a norma, ma lo stesso tal quale, mentre quello che ovunque è considerato un reato, smaltire rifiuti industriali tra i rifiuti urbani, viene legalizzato a norma di legge. Le stesse discariche diventano siti di interesse strategico nazionale, sorvegliate dall’esercito, in cui è impossibile verificare cosa entri davvero.
Solo che poi, dicono i pm, dovevano averci preso gusto ed essersi accorti che il gioco conveniva. Ogni volta che strillavano all’emergenza arrivavano pronti nuovi fondi da Roma. E allora si sono verificati continui guasti negli impianti, problemi nella raccolta e difficoltà nell’individuazione dei siti, per aumentare a dismisura le spese. Un gioco che conveniva anche alla camorra, spesso proprietaria dei suoli, o che attraverso passaggi di mano riusciva ad entrare in possesso dei terreni e a farne lievitare il prezzo pochi giorni prima della vendita al commissariato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, o meglio di nessuno.
Scomparire
Qui sotto il video della Giornata del tour, sempre realizzato dall'amico Luca.
Se trovate altri articoli sul tema, mandatemeli che li pubblico volentieri!
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